Tuesday, November 29, 2011

La povertà e le passioncelle

Filotea, Parte Terza, Capitoli 16-29
Gruppo in lingua italiana: 
Emmanuel Camilleri

Assenti i compagni, nostro Manuel ha continuato la riflessione
28 novembre 2011

Non basta essere poveri di fatto, ma si deve cercare di esserlo anche nello spirito perchè è nel cuore che si svolge il vero distaccamento delle cose materiali. Filotea non è sola in questo; stà nella compagnia del Signore, della Madonna e di tanti santi. La povertà è venuta ad incontrare Filotea invece che lei se ne andata alla ricerca di essa. La si deve abbracciarla perchè è l’amica del cuore di Gesù.

Due sono i privilegi della povertà di Filotea. In primo luogo non l’ha scelta lei ma è la volontà di Dio. Quello che riceviamo dalla Sua volontà sarebbe gradito di più a Lui se lo accettiamo volontieri. In secondo privilegio è di essere povera sul serio, cioè non vivere una povertà per ricevere lode, essere corteggiata o aiutata e assistita. Se questa è l’intenzione, allora non è una vera povertà. Perciò non si deve lamentarsi della propria povertà. Se le dispiace perchè è povera, allora non è povera nello spirito. È assurdo, daltronde, di volere essere povera ma allo stesso tempo non vuole patire gli inconvenienti. Non si deve vergognarsi di essere povera.

Cammino di fede… o forse una stradetta maltese (Lunzjata)
Il nostro Santo poi passa a parlare della amicizia. L’amore occupa il primo posto nell’anima perciò è importante di essere sempre attenti alle scelte che si fanno. Se si ama le cose cattive, di conseguenza di diventa cattivi. L’amicizia è l’amore più pericoloso perchè è fondata sulla comunicazione. L’amicizia ci fa partecipare delle qualità della persona che amiamo e di conseguenza la scelta degli amici dev’essere saggia. Si deve ricordare che non ogni amore è amicizia. Si può amare senza essere riamati; non basta che sia ricambiato l’amore: le parti che si amano, devono saperlo; coloro che si amano, devono avere qualche bene in comune. L’amicizia “si differenzia secondo la diversità dei modi di comunicare e i modi di comunicare si differenziano secondo i beni che costituiscono l’oggetto dello scambio: se si tratta di beni falsi e vani, l’amicizia è falsa e vana; se si tratta di beni veri, l’amicizia è vera; e migliori saranno i beni, migliore sarà l’amicizia”.

L’amicizia non si deve fondare sullo scambio del paicere dei sensi; questa è un’ amicizia “grossolana” e non merita neanchè il nome di amicizia. Anche quella fondata su virtù frivole e inutili perchè queste virtù dipendono dai sensi: “per tale ragione le amicizie che hanno tali fondamenti si chiamano sensuali, vane e frivole e meriterebbero più di essere chiamate follie che amicizie”.

Per quanto riguarda le passioncelle (in Inglese Flirts o Fond loves) sono quelle amicizie “allegre” che non portano all’intenzione di sposarsi. Il Santo li chiama “aborti” o “fantasie di amicizie”. A queste non si deve neanchè dare il nome di amicizie perchè sono “vuote e senza senso”. L’amore vero non si basa su queste passioncelle. Molti sono spinti per appagare il cuore del dare e ricevere amore senza riflessione interna. Altri invece si lasciano andare per la vanità; altri dalla tendenza all’amore e dalla vanità perchè vogliono aggiungere un pò di “gloria”. Queste amicizie “sono cattive, folli e vane: cattive, perché vengono e finiscono nel peccato della carne; rubano l’amore, e di conseguenza anche il cuore, a Dio, alla moglie, al marito, a chi era dovuto; folli perché non hanno basi, né motivazioni serie; vane, perché non recano alcuna utilità, nessun onore, nessuna gioia”. Queste anime sono deboli e non sanno cosa vogliono dalla vita; per questo “la loro brama è insaziabile ed alimenta, senza soste, nel loro cuore, eterne diffidenze, gelosie e tormenti”. È pericoloso starci al gioco di qualche passioncella. Poco a poco si cominicia a diventare dipendente su essa. C’è il rischio che l’anima sia presa da un grande fuoco che la danneggia seriamente. L’amore va vissuto profondamente e non incantato. Non si deve rischiare in nessun modo la parte più nobile dell’anima, cioè l’amore. Dio vuole “l’uomo solo per l’anima, l’anima solo per la volontà e la volontà solo per l’amore”. Dio nostro è così grande che hariservato l’amore della nostra anima per lui. Cosa diremo quando Lui ci chiede di dare conto delle nostre azioni? Il noce dannegga i campi dove è piantato perchè assorbe tutte le sostanze della terra. Le sue foglie, grandi e robusti, creano danno. Lo stesso va detto per le passioncelle che “producono danni simili all’anima; l’occupano talmente e condizionano così potentemente i suoi movimenti, che essa non è più disponibile per alcun’altra opera buona; le foglie, ossia i chiacchiericci, i divertimento e i corteggiamenti sono così frequenti che non lasciano spazio; infine attirano così numerose le tentazioni, le distrazioni, i sospetti e tutto ciò che vi si accompagna, sicché il cuore ne è rovinato e calpestato”. Essi allontano l’amore celeste e il timor di Dio.

L’amore vero va conservato con le amicizie vere
L’amore vero e autentico va conservato con le amicizie vere. Si deve amare tutti, è vero, ma non si deve legare a tutti, senza alcun discernmento profondo. Le vere amicizie sono quelle con persone che possono operare con la Filotea un scambio di cose virtuose. Se lo scambio avverrà “nel campo della carità, della devozione, della perfezione cristiana, allora sì, che si tratterà di un’amicizia perfetta. Sarà ottima perché viene da Dio, ottima perché tende a Dio, ottima perché il suo legame è Dio, ottima perché sarà eterna in Dio”.

Amare sulla terra come si ama in cielo è una possibilità che nasce dalle amicizie spirituali. Le altre amicizie sembrano per il Santo come “fantasmi” e i loro legame è come “anelli di vetro”. Filotea deve stringere amicizie del tipo spirituale. Nei conventi e nei monasteri non sorge questo problema. Ma per quelli che vivono nel mondo e abbracciano la vera virtù, è indispensabile avere queste amicizie. Comunque, la perfezione non consiste nel non avere delle altre amicizie, ma consiste nel averne una “buona, santa e bella”.

C’è un miele, dice il Santo, il miele di Eraclea, che assomiglia molto il miele comune. Ma il miele di Eraclea è molto velenoso. Si può dare il caso che uno prendesse il primo invence del secondo. La stessa attenzione si deve fare nel scegliere le amicizie e d’essere capaci di fare una distinzione tra le amicizie cattive e quelle buone. Si deve sempre valutare l’amore vero e autentico: “Si comincia sempre dall’amore virtuoso, ma, se non si è molto saggi, si insinua presto l’amore frivolo, poi si passa all’amore sensuale, poi a quello carnale”. Ma il pericolo esiste anche nell’amore spirituale “benché in questo sia molto più difficile la confusione e l’equivoco, perché la sua purezza e il suo nitore rendono più evidenti le brutture che Satana vuole insinuarvi: ecco perché il diavolo, quando ci prova, fa le cose con maggior finezza e tenta di far scivolare le brutture quasi impercettibilmente”. Distinguere l’amicizia del mondo da quella che è santa e come distinguere tra il miele velonoso e quello buono. Il miele velenoso “una volta ingoiato, provoca dei capogiri; allo stesso modo l’amicizia futile provoca dei disorientamenti di spirito che rendono insicura la persona nella castità e nella devozione”. Invece, l’amicizia santa guarda l’amore con occhi semplici e casti e sa controllare le cortesie.

Il miele dell’amicizia cattiva è velenoso (duomo, Valetta) 

E come il miele di Eraclea turba la vista, così le amicizie mondane turbano il senno nel senso che quelli che ne sono colpiti pensano che ne stanno facendo la cosa giusta, invece stanno facendo quella sbagliata. Molte volte queste persone cercano anche delle giustificazioni per il loro agire. Invece l’amicizia santa “ha gli occhi luminosi e non si nasconde, anzi si fa vedere volentieri dalla gente per bene”. E come il miele velenoso lascia un sapore forte e amaro avviene lo stesso nelle false amicizie “che si tramutano e finiscono in parole e richieste carnali e degne delle fogne; in caso di rifiuto, esploderanno le ingiurie, le calunnie, le imposture, le tristezze, le confessioni e le gelosie che si concludono quasi sempre nell’abbrutimento e in isterismi; l’amicizia pulita è sempre uguale nell’onestà, educata e amabile, e si muta soltanto in una unione degli spiriti più pura e più perfetta, immagine vivente dell’amicizia beata che regna in Cielo”.

“Ma che cosa fare per combattere gli amori futili, le stranezze, le pazzie, le brutture cui ho accennato?”, chiede il Santo savoiardo. Filotea deve volgersi dall’altra parte e subito si mette in preghiera davanti al Signore dove lei troverà rifugio da quelle “piccole volpi”. Non si deve scendere mai a patti con il nemico. In tali circostanze la Filotea dev’essere intransigente specialmente nel sentire degli inviti maliziosi che vengono dal male. Filotea deve anche ricordare che lei ha consacrato il suo cuore a Dio allora sarebbe “un sacrilegio sottrargliene anche una briciola soltanto”. Se è indispensabile per salvare la propria anima, Filotea è invitata anche di allontanarsi dalle persone che possono farla del male spiritualmente. Non deve avere nessun riguardo per un amore che è contrario all’amore di Dio.

La vera amicizia richiede un intenso scambio tra coloro che si vogliono bene. Questo è vero specialmente quando l’affetto tra i due amici arriva alla stima. In questo caso, allora, si rischia di aprire il cuore all’amico con molta larghezza e “con essa, entrano con facilità in noi tutte le sue tendenze e le sue opinioni, poco importa se siano buone o cattive”. A questo proposito e chiaro che si deve voler bene all’amico, nonostante le sue imperfezioni ma “non bisogna voler bene alle sue imperfezioni e prenderle su di noi; l’amicizia richiede che ci comunichiamo il bene, non il male”. Questo è da evitare. Ciascuno ne ha già abbastanza dei propri difetti; non c’è bisogno di caricarsi anche di quelli degli altri. L’amicizia vera “non soltanto non lo richiede, ma al contrario, ci obbliga a darci reciprocamente una mano per liberarci da tutte le forme di imperfezione. È fuor di dubbio che bisogna sopportare con dolcezza l’amico nelle sue imperfezioni, ma non incoraggiarlo in quelle, e ancor meno trasferirle in noi”. Questo per quello che riguarda le imperfezioni; per quello riguarda il peccato non bisogna accettarli e neanche sopportarli, anche da un amico. In questo caso, l’amico diventa nemico e allora merita di perdere la nostra amicizia.

Francesco di Sales non si fida della riforma esteriore
Il nostro Santo poi passa a parlare della mortificazione esteriore. Lui dice che disapprova i metodi usati da quelli che vogliono riformare l’uomo dall’esterno. Per riformare l’uomo si deve cominciare da dentro, dal cuore, perchè il cuore “è la sorgente la sorgente delle azioni, per cui le azioni sono secondo il cuore”. Il Singore chiede a ciascuno di noi di metterlo come sigillo sui nostri cuori. Chi ha Gesù nel cuore di conseguenza lo avrà subito in tutte le sue azioni. Siccome tutto quello che viene dal cuore è una riflessione della persona, il Santo desidera incidere un motto sul cuore di Filotea: Viva Gesù! In questo modo la vita di Filotea produrrà, in seguito, i furtti della vita devota. La Filotea possa così irradiare Gesù ovunque lei sia, in tutte le cose che dirà e che farà.

Il cuore, comunque, ha bisogno d’essere educato “su come darsi una linea di condotta e un comportamento, di modo che non si manifesti soltanto la santa devozione, ma anche una profonda saggezza con altrettanta discrezione”. Poi dà acluni consigli per arrivare a questo, specialmente sulla disciplina personale per mortificare il copro e i sensi: “il digiuno ci dà modo di dominare i nostri appetiti, e mantenere la sensualità e il corpo sottomessi allo spirito”. Ma anche il lavoro è essenziale per mortificare se stessi: “Se il lavoro che fai ti è necessario, o è molto utile alla gloria di Dio, sono dei parere che sia meglio per te affrontare la fatica del lavoro che quella del digiuno; questo è il pensiero della Chiesa...” Anzi, in alcune occasioni è meglio fare del bene tramite il lavoro proprio che digunare: “C’è chi fa fatica a digiunare, chi invece a servire gli ammalati, un altro a visitare i prigionieri, a confessare, a predicare, consolare gli afflitti, pregare ed altri esercizi simili: queste ultime fatiche valgono di più di quella del digiuno, perché, oltre a darci ugualmente il dominio sulla carne, in Più ci offrono frutti molto più apprezzabili”. Questo è un modo come sanare i nostri vizi. Più necessario, comunque, è purificare i propri affetti e rinnovare i propri cuori.

Ci sono due estremi da fuggire per aiutarsi nella vita devota, cioè ricercare le conversazioni e fuggirle. Perchè fuggire “dalla conversazione tradisce un senso di superiorità e disprezzo nei confronti del prossimo; la ricerca, per contro, tradisce tendenza all’ozio e alla professione di perditempo”. Si deve creare un bilancio tra le conversazioni e i momenti di solitudine personale.

Amare il prossimo è una priorità, ma amare noi stessi è anche importante. Occorre perciò di trovare dei momenti quando è necessario, che ci troviamo con noi stessi, invece che in compagnia del prossimo. Ci sono delle conversazioni cattive, specialmente quelle che tengono con “intenzione perversa”. Da queste si deve stare lontani. Ci sono anche conversazioni che “hanno il solo scopo di divertire”. Anche se queste ci aiutano a distrarci un pò dalle nostre preoccupazioni, non dobbiamo “consacrarci” ad esse. Le conversazioni utili sono quelle delle persone devote. È una grazia incontrasi con queste persone. Si incontra tutti con gioia e carità, eccetto con quelle persone che possono danneggiare la nostra anima.

Le conversazioni utili delle persone devote (Sliema promendade)
In oltre alla solitudine mentale – della quale lui aveva parlato precedentemente in un’altra parte – il Santo suggerisce anche la solitudine locale e reale, non una solitduine del deserto ma quella che si può fare anche nella propria stanza, nel giardino o altrove. In questi luoghi la Filotea avrà la possibilità di “...raccogliere il tuo spirito nel tuo cuore e ritemprare la tua anima con buoni propositi e santi pensieri, o con qualche buona lettura”. Apparte alcuni Santi che hanno usato questo modo, il Signore nostro Gesù Cristo è il nostro modello per eccellenza. Lui ci chiama ad andare in disparte e riposare un pò.

Volendo essere delle persone devote non si mostra soltanto nel parlare, nelle virtù e nella preghiera e i Sacramenti. L’impegno si dimostra anche nel modo uno veste. È importante come uno si mantiene esternamente e come mantiene anche l’ordine. Si deve vestirsi secondo la propria condizione.

Il parlare da indicazioni di quello che siamo veramente dal di dentro. I medici fanno un opinione su tutta la salute della persona guardando e esaminando la lingua della persona. Lo stesso va detto per le nostre parole: esse sono un esame di salute della nostra anima. Se Filotea ama Dio, essa deve parlare di Lui “nelle conversazioni familiari con i i tuoi domestici, con gli amici, con i vicini: perché, la bocca del giusto mediterà la sapienza, e la sua lingua parlerà con giudizio. A somiglianza delle api, che con la loro boccuccia trattano solo il miele, la tua lingua sarà sempre profumata del suo Dio, e il tuo più grande piacere sarà quello di sentir fluire dalle tue labbra lodi e benedizioni al suo nome, proprio come si dice di S. Francesco d’Assisi, il quale, dopo che aveva pronunciato il santo nome del Signore, ripassava la lingua sulle labbra per continuare ad assaporare la più grande dolcezza del mondo”.

Si deve rocrdare che sta parlando di Dio e perciò lo deve fare con devozione e rispetto, con spirito di dolcezza e carità e non con un tono di predicazione. E parlando di Dio e di devozione lo si deve fare con convinzione e attenzione, non per soddisfare se stessa. Lui dà questo parere per impedire la Filotea “di cadere in una sciocca vanità che si riscontra in molti che fanno professione di persone devote. Ad ogni piè sospinto dicono parole sante e piene di fervore, quasi per modo di battute, senza nemmeno pensarci. Dopo averle dette sono convinti di essere lo specchio delle parole che hanno detto; invece, proprio non lo sono!”

Filotea dev’essere attenta a non lasciar sfuggire alcuna parola sconveniente, anche se non c’è la cattiva intenzione, le persone possono capirla in un altro modo: “Se la parola sconveniente cade in un cuore debole, si estende e si allarga come una goccia d’olio su un lenzuolo; e qualche volta si impadronisce in modo tale del cuore da riempirlo di mille pensieri e tentazioni oscene”.

Come il veleno per il corpo entra dalla bocca, quello per il cuore entra dall’orecchio. Molte volte si “uccidono” le persone per colpa della lingua: “Se gli altri non sono morti non è perché mancasse la volontà di uccidere.Nessuno venga a dirmi che non ci pensa: Nostro Signore, che conosce i pensieri, ha detto che la bocca parla dell’abbondanza del cuore. Se il pensiero non ce lo mettiamo noi, sta pur certa che ce lo mette il diavolo e anche molto! t il suo segreto: servirsi di cattive parole per trafiggere i cuori di chi gli capita a tiro”.

Le parole indecenti non vanno neanche pensate. Ma se “queste parole indecenti sono dette di nascosto, in modo studiato e sottile, sono ancora più velenose; infatti più un dardo è appuntito e più profondamente penetra nel corpo; così, più una parola cattiva è sottile e più penetra nei nostri cuori”.

Un altro vizio da evitare è quello di essere beffardi. È uno dei difetti peggiori dello spirito e “Dio odia molto questo vizio e sappiamo che lo ha punito con castighi esemplari. Nessun vizio è così contrario alla carità, e più ancora alla devozione, quanto il disprezzo e la derisione del prossimo”. La derisione e la beffa sono un peccato molto grave e da evitare perchè la derisione è il modo peggiore con il quale uno può offendere il prossimo con le parole. Sono diversi gli scherzi che si fa con gli amici; ma anche in questi dobbiamo “stare attenti a non passare dagli scherzi sereni alla derisione. La derisione provoca al riso per mancanza di stima e per disprezzo del prossimo; invece la battuta allegra e la burla scherzosa provocano al riso per la “ trovata “, gli accostamenti imprevedibili fatti in confidenza e schiettezza amichevole; e sempre con molta cortesia di linguaggio”.

Il Signore ci invita di ascoltare cose buone
Il Signore ci invita di non giudicare per non essere giudicati. Il Santo dice che non dobbiamo giudare nessuno. I giudizi “temerari sono severamente riprovati da Dio! I giudizi emessi dai figli degli uomini sono temerari perché gli uomini non sono autorizzati ad emettere giudizi gli uni sugli altri”; il giudizio spetta soltanto a Dio. “Per non correre il rischio di essere giudicati, è assolutamente necessario evitare di giudicare gli altri: fermiamoci invece a giudicare noi stessi”. Noi facciamo il contrario: giudichiamo gli altri con prontezza e ci dimentichiamo del giudizio di noi stessi.

Quando facciamo dei giudizi temerari o per orgolio o per malizia, dobbiamo subito cercare di rimediare. Come? Se deve bere il sacro vino della carità, “ti libererai da quegli umori perversi che ti fanno dare giudizi temerari. La carità teme l’incontro con il male, tanto meno lo cerca; quando ci si imbatte volge altrove lo sguardo e fa finta di niente, anzi chiude gli occhi prima di vederlo, alle prime avvisaglie e finisce con il credere, con santa semplicità, che quello non era male, ma soltanto un’ombra o un fantasma del male; se poi l’evidenza la costringe ad ammettere che è proprio male, se ne allontana immediatamente e cerca di dimenticarne l’aspetto”. Per tutti i mali il grande rimedio è la carità; in modo particolare per questo. Il peccato del giudizio temerario è un’itterizia spirituale, che, agli occhi di coloro che ne sono affetti, trasforma tutte le cose in cattive; chi vuole guarirne, non deve curare gli occhi, ossia l’intelletto, ma gli affetti, che sono i piedi dell’anima: se i tuoi affetti sono dolci, se sono caritatevoli, anche i tuoi giudizi lo saranno.

Allora non è mai giusto giudicare il prossimo? Chiede il Santo. “No, mai! Dio solo, Filotea, che giudica i colpevoli secondo giustizia. È vero che si serve della voce dei magistrati per renderla intelligibile alle nostre orecchie: sono il suo tramite e i suoi interpreti e devono pronunciare soltanto quello che hanno sentito da Lui, quasi come oracoli. Se agiscono diversamente, seguendo le loro passioni, in tal caso chi giudica sono loro e dovranno renderne conto essendo a loro volta giudicati, perché agli uomini, in quanto uomini, è proibito di giudicare”.

«Agli uomini, in quanto uomini, è proibito di giudicare»
Il giudizio temerario porta alla maldicenza. Esso “causa preoccupazione, disprezzo del prossimo, orgoglio e compiacimento in se stessi e cento altri effetti negativi, tra i quali il primo posto spetta alla maldicenza, vera peste delle conversazioni”. Se riusciamo a liberarci delle maldicenze, il mondo sarebbe uno migliore! “Per questo ti scongiuro, carissima Filotea, di non sparlare mai di alcuno, né direttamente, né indirettamente. Sta attenta a non attribuire delitti e peccati inesistenti al prossimo, a non svelare quelli rimasti segreti, a non gonfiare quelli conosciuti, a non interpretare in senso negativo il bene fatto, a non negare il bene che sai esistere in qualcuno, a non fingere di ignorarlo, tanto meno poi devi sminuirlo a parole”. Se si agisce in questo modo agendo si offende seriamente Dio.

Non si devono dire delle cose sulle persone, anche se queste si vedono o si fanno nella nostra presenza. Francesco fa un esempio semplice “Non dire mai: Il tale è un ubriacone, anche se l’hai visto ubriaco davvero; quello è un adultero, perché l’hai visto in adulterio; è incestuoso perché l’hai sorpreso in quella disgrazia; una sola azione non ti autorizza a classificare la gente”. Generalizzare sulle persone, è un peccato grave. In questo modo “condanniamo” le persone per sempre e li facciamo male negli occhi degli altri.

Fuggire le maldeicenze è importante e se Filotea vuole fuggire “non devi favorire, accarezzare, e nutrire gli altri vizi; ma con semplicità e franchezza, devi dire male del male e biasimare le cose da biasimare; solo se agiamo in questo modo diamo gloria a Dio”. Filotea deve anche fare il discernimento oggettivo sulle le maldicenze che sente, cioè, non si deve credere a tutto e si deve pregare per il maldicente e di mostrare le cose positive nella persona accusata. In questo modo, la carità verso il prossimo è sublime.

Sintesi di Manuel Camilleri
Fotografia di Joe Boenzi

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