Filotea, parte prima, capitoli 1-8
Testo: San Francesco di Sales, Filotea. Introduzione alla vita devota, a cura di Ruggero Balboni, 15ª ed. (Milano: Paoline, 2010).
Dal professore ci viene richiesto di esaminare i primi otto capitoli e di esporre le nostre impressioni riguardo al libro sopra citato. Ci vengono poste due domande: cosa vi ha colpito di più e quali immagini Francesco di Sales usa nel suo scritto.
A questo proposito sono stati divisi in gruppi gli studenti della classe. Il nostro gruppo è risultato composto da: Hartai Gabor, Oberto Nava César, Choi Jin Won (Marco) e Virgilio Radici.
Ecco di seguito le nostre impressioni.
Cap. I. Descrizione della vera devozione
Ci ha colpito la seguente frase: «La vera e viva devozione, Filotea, esige l’amore di Dio, anzi non è altro che un vero amore di Dio; non un amore genericamente inteso» (Filotea, 22). Ci richiama la scelta fondamentale del darsi tutto a Dio che tanto viene richiamato poi anche da Don Bosco.
C’è poi l’immagine del tenere acceso il fuoco della carità. Non basta infatti il darsi tutto a Dio se non v’è la carità. Il significato è chiaro: per tenere acceso il fuoco della carità ci va la fiamma della devozione. Il versetto è questo: « [...] la carità e la devozione differiscono tra loro come il fuoco dalla fiamma; la carità è un fuoco spirituale, che quando brucia con una forte fiamma si chiama devozione: la devozione aggiunge al fuoco della carità solo la fiamma che rende la carità pronta, attiva e diligente, non soltanto nell’osservanza dei Comandamenti di Dio, ma anche nell’esercizio dei consigli e delle ispirazioni del cielo» (Filotea, 23-24).
Cap. II. Caratteristiche ed eccellenza della devozione
In questo capitolo ci ha colpito: «Cara Filotea, devi credermi: la devozione è la dolcezza delle dolcezze e la regina delle virtù, perché è la perfezione della carità» (Filotea, 26).
Due sono le cose che ci impressionano. La prima immagine ci riporta all’esempio dell’ape che succhia l’amaro per trasformarlo in dolce. Esempio chiaro per una nostra esperienza di vita. «Guarda l’ape sul timo: ne può ricavare soltanto un succo molto amaro, ma succhiandolo lo trasforma in miele, perché questa è la sua caratteristica» (Filotea, 25).
La seconda, riguarda la scala di Giacobbe: i due montanti della scala sono l’orazione e gli scalini o pioli rappresentano i diversi livelli della carità. Riportiamo qui di seguito il testo: «Guarda la scala di Giacobbe, che è la vera immagine della vita devota: i due montanti, tra i quali si sale ed ai quali sono fissati gli scalini, rappresentano l’orazione, che chiede l’amore di Dio e i Sacramenti, che lo conferiscono; gli scalini sono i diversi livelli della carità, per i quali si sale, di virtù in virtù; o discendendo in aiuto e sostegno del prossimo, o salendo per la contemplazione all’unione d’amore con Dio» (Filotea, 25).
Cap. III. La devozione si adatta a tutte le vocazioni e professioni
L’immagine dell’ape ritorna nuovamente per farci capire la vera devozione: «Aristotele dice che l’ape ricava il miele dai fiori senza danneggiarli, e li lascia intatti e freschi come li ha trovati. La vera devozione fa ancora meglio, perché non solo non porta danno alle vocazioni e alle occupazioni, ma al contrario, le arricchisce e le rende più belle» (Filotea, 27).
Cap. IV. Necessità di un direttore spirituale per entrare e progredire nella devozione
Il titolo stesso ci ha colpito. Il direttore spirituale è necessario per un aiuto ad arrivare alla conoscenza della volontà di Dio, che deve essere quella che più ci sta a cuore in questa nostra vita terrena.
L’importante è scegliere bene. «A tal fine, scegline uno tra mille, dice [san Juan de] Avila; io ti dico, uno tra diecimila, perché se ne trovano meno di quanto si dica capaci di tale compito. Deve essere ricco di carità, di scienza e di prudenza: se manca una di queste tre qualità, c’è pericolo. Ti ripeto, chiedilo a Dio e, una volta che l’hai trovato, benedici la sua divina Maestà, fermati a quello e non cercarne altri; ma avviati, con semplicità, umiltà e confidenza; il tuo sarà un viaggio felice» (Filotea, 31).
Cap. VI. Prima purificazione: dal peccato mortale
Quello che ci colpisce è che San Francesco di Sales vuole porre l’accento sui seguenti quattro punti: «per il peccato tu hai perso la grazia di Dio, hai perso il diritto al paradiso, hai accettato i tormenti eterni dell’inferno, hai rinunciato all’eterno amore di Dio» (Filotea, 33-34).
L’immagine dell’inferno e del paradiso ci deve quindi richiamare al fatto che per essere dei buoni cristiani, dobbiamo scegliere sempre il paradiso. Ma per raggiungerlo occorre purificarci dal peccato mortale.
Notiamo poi, che anche Don Bosco ha insistito tanto sul sacramento della penitenza come mezzo per un aiuto a salvare le anime dei suoi giovani. Appunto per questo ha scelto la figura di San Francesco di Sales da porre ad imitazione ai suoi giovani.
Relazione di Virgilio Radici
Foto di Joe Boenzi
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