Saturday, December 17, 2011

Aspettiamo con pazienza

La Filotea - Quarta parte (capitoli 1-15)
12 dicembre 2011

Fonte: Francesco DI SALES, Filotea. Introduzione alla vita devota. A cura di Ruggero Balboni, Torino, Paoline, 2010.


GRUPPO: Virgilio RADICI, Cesar OBERTO, Marco JIN WON, Gábor HARTAI

Capitolo I – Non bisogna lasciarsi scoraggiare dalle chiacchiere della gente

“Appena la gente si accorgerà che hai deciso di seguire la vita devota, scoccherà contro di te mille frecciatine di compatimento e altrettanti dardi di pesante maldicenza”.
“Sorveglierà tutti i nostri movimenti e per un piccolo scatto di collera dirà che siamo insopportabili; la cura dei nostri affari la chiamerà avarizia, la nostra dolcezza, stupidità; quanto ai figli del mondo, la loro collera è sincerità, la loro avarizia abilità amministrativa; le libertà che si prendono, franchezza: i ragni rovinano sempre l'opera delle api!”.

Capitolo II – È necessario farsi coraggio

“Similmente, cara Filotea, può capitare che, a questo cambiamento di rotta della tua vita interiore, tu rimanga seriamente sconvolta e questo addio totale alle follie e alle stupidità del mondo, ti causi qualche momento di sofferta tristezza e di scoraggiamento. Se dovessi trovarti realmente in simile situazione, abbi un po’ di pazienza, te ne prego: vedrai che non è nulla! Si tratta soltanto di un po’ di disorientamento di fronte alla novità; quando questo momento sarà passato avrai consolazioni a non finire”.
     “Ma come potresti avere il coraggio di rinunciare a una felicità eterna per leggerezze [passatempi mondani] così ingannevoli? Credi a me, se sarai perseverante, non passerà molto tempo che sarai ricolma di dolcezze così deliziose e piacevoli, fatte di autentico miele, che dovrai ammettere che il mondo ha soltanto del fiele a confronto! Un solo giorno di devozione vale più di mille anni di vita di mondo”.
     “Quando le larve delle api cominciano a prendere forma si chiamano ninfe”.

Capitolo III – La natura delle tentazioni e la differenza tra sentire la tentazione e acconsentire ad essa

“I gradini per scendere al male sono tre: la tentazione, la dilettazione, il consenso. […]
Anche se la tentazione ad un peccato ci tormentasse tutta la vita, non potrebbe renderci sgraditi alla divina Maestà; l'essenziale è che non ci piaccia e che non acconsentiamo. Il motivo è che nella tentazione noi non siamo attivi, ma passivi, e siccome non proviamo alcun piacere, non possiamo essere colpevoli. […]
     Devi essere molto coraggiosa, Filotea, quando sei afflitta da tentazioni, e non sentirti mai vinta finché ti disgustano; tieni sempre presente la differenza che c'è tra sentire e acconsentire; è possibile sentirle pur continuando a provarne dispiacere, ma invece non è possibile acconsentire senza provare piacere in esse; il motivo è presto detto: il piacere è il gradino al consenso”.

Capitolo IV – Due begli esempi in proposito

I due esempi sono di un giovane di cui parla S. Girolamo e l’altro di S. Caterina da Siena; questi resistono alle tentazioni. Nel loro cuore c’era il Signore che li aiutava, anche se essi non lo sapevano (Cf., Filotea, Parte IV, capitolo IV., p. 271-272).
     “Quale sconforto per un'anima che ama Dio, non sapere nemmeno se Egli è in lei o meno e se l'amore divino, per il quale lotta, è completamente spento in essa o no! Ma è l'apice della perfezione dell'amore celeste far soffrire e lottare l'amante per amore, senza sapere se possiede quell'amore per il quale e per mezzo del quale lotta!”.


Capitolo V – Incoraggiamento all’anima che si trova nelle tentazioni

“Se dunque ti capita di provare qualche tentazione e anche il piacere che ne consegue, mentre la volontà rifiuta il proprio consenso, sia alla tentazione che al piacere che l'accompagna, non turbarti minimamente, perché Dio non è offeso”.

Capitolo VI – Inc he modo la tentazione e la dilettazione possono essere peccato

“Quando la dilettazione che deriva dalla tentazione può essere evitata, accettarla è sempre peccato nella misura che il piacere che ci si trova e il consenso che le si dà è più o meno pieno, persistente nel tempo o solo di breve durata. […]
     Quando dunque sarai tentata a qualche peccato, pensa se hai dato volontariamente motivo a quella tentazione; in tal caso la tentazione è già peccato, per il pericolo nel quale ti sei gettata. Questo va detto per quando potevi facilmente evitare l'occasione e l'avevi prevista, o almeno avresti dovuto prevederla. Ma se non hai offerto alcun appiglio alla tentazione, in nessun modo ti può essere imputata a peccato”.

Capitolo VII – Rimedi per le tentazioni gravi

Sono sei i suggerimenti. Primo: ricorrere a Dio prontamente. Secondo: abbracciare la santa Croce. Terzo: distrarsi con buone occupazioni, non oziare. Quarto: far riferimento al direttore spirituale. Quinto: ostinarci e protestare di non consentire. Sesto: non discutere con il nemico tranne il seguire la risposta di Gesù che dice «Va indietro, Satana, tu adorerai il Signore tuo Dio e solo a Lui servirai» (Mt 4,10) (Cf., Filotea, Parte IV, capitolo VII., p. 277-279).

Capitolo VIII – Bisogna resistere alle piccole tentazioni

“Le piccole tentazioni di collera di sospetto, di gelosia, di invidia, di antipatia, di stranezza, di vanità, di doppiezza, di affettazione, di astuzia, di pensieri indecenti, sono abituali anche per coloro che sono già più incamminati nella devozione e più risoluti! Ecco perché, cara Filotea, è necessario che ci prepariamo con grande cura e diligenza a questo combattimento; sii certa che tutte le vittorie che riporterai contro questi piccoli nemici, saranno tante pietre preziose incastonate nella corona di gloria che Dio ti prepara in Paradiso”.


Capitolo IX – Come rimediare alle piccole tentazioni

„È il mezzo migliore per vincere il nemico, tanto nelle piccole tentazioni come nelle grandi: l'amore di Dio contiene in sé tutta la perfezione di tutte le virtù; per questo è il rimedio migliore contro tutti i vizi”.

Capitolo X – Come fortificare il cuore contro le tentazini

“Ogni tanto dà uno sguardo alla tua anima per vedere quali sono le passioni che più vi spadroneggiano; una volta scoperte, imposta la tua vita in modo esattamente contrario nei pensieri, nelle parole, nelle azioni”.
     Seguono esempi per l’esame di tre particolari aspetti. Primo: vanità; pensare alla miseria di questa vita terrena e quanto queste vanità peseranno sulla coscienza nel giorno della morte. Secondo: avarizia; essa ci rende schiavi di quello che è stato creato per il nostro servizio. Alla morte dovremo lasciare tutto. Terzo: tendenza ad innamorarsi e far innamorare; parlare spesso a favore della purezza e semplicità di cuore (Cf., Filotea, Parte IV, capitolo X., p. 282-283).

Capitolo XI – L’agitazione

“Se l’anima cerca i mezzi per liberarsi dal suo male per amore di Dio, li cercherà con pazienza, dolcezza, umiltà e serenità, aspettando la propria liberazione più dalla bontà e dalla Provvidenza di Dio che dai propri sforzi, dalle proprie capacità e dalla propria diligenza. Se invece cerca la propria liberazione per amor proprio, si agiterà e si altererà nella ricerca dei mezzi, come se dipendesse più da lei che da Dio: non dico che lo pensi, ma si comporta come se lo pensasse”.
     “Se puoi manifestare la tua agitazione a chi ha la guida della tua anima, o almeno a qualche amico nel quale hai fiducia, ma che sia devoto, fallo senza esitazione: presto ritroverai la calma perché la comunicazione delle sofferenze del cuore fa all'anima lo stesso effetto che il salasso al corpo di chi ha una febbre insistente: è il rimedio dei rimedi”.

Capitolo XII – La tristezza

“Combatti con forza la tendenza alla tristezza; e anche se hai l'impressione che tutto quello che stai facendo in quel frangente rimanga distante e freddo, triste e fiacco, non rinunciare a farlo; il nemico che vuole per mezzo della tristezza far morire le nostre buone opere, vedendo che non sospendiamo di farle, e che compiute con sforzo valgono di più, cesserà di tormentarci. […]
     Manifesta tutti i tuoi sentimenti, gli affetti, i pensieri alla tua guida e confessore, con umiltà e sincerità; cerca la conversazione di persone spirituali e frequentale più che puoi in tali circostanze”.

Capitolo XIII – Le consolazioni spirituali e sensibili e come bisogna comportarsi con esse

“Qualunque rotta prenda la nave, sia che faccia vela verso ponente o verso levante, verso mezzogiorno o verso settentrione, qualunque sia il vento che la spinge, l'ago della bussola sarà sempre rivolto alla bella stella e al polo.
     Anche se tutto dovesse capovolgersi, non soltanto intorno a noi, ma anche dentro di noi, nonostante tutto, per sempre e costantemente, la punta del nostro cuore, il nostro spirito, la nostra volontà superiore, che è la nostra bussola, deve guardare senza sosta e tendere stabilmente verso l'amore di Dio suo Creatore, suo Salvatore, suo unico e supremo bene”.
     “La vera e solida devozione, che consiste in una volontà costante, decisa, pronta e operante di attuare ciò che sappiamo essere gradito a Dio”.

Capitolo XIV – Le aridità e le sterilità dello spirito

„Tra tutte le nostre aridità e sterilità, non perdiamo il coraggio, ma aspettiamo con pazienza, il ritorno delle consolazioni. Continuiamo il nostro abituale modo di vivere; non tralasciamo per questo motivo nessun esercizio di devozione, anzi, se ci è possibile, moltiplichiamo le buone azioni; e se non possiamo presentare allo sposo la marmellata, gli daremo la frutta secca; per lui fa lo stesso, a condizione che il cuore che gliela offre, sia decisamente risoluto ad amarlo”.
     “Molti […] cadono nel grave errore di credere che il servizio che noi rendiamo a Dio senza piacere, senza tenerezza di cuore e senza sentimento, sia meno gradito alla Maestà divina; al contrario, le nostre azioni sono come le rose che, quando sono fresche, sono più belle, quando invece sono secche emanano un profumo più acuto: lo stesso avviene per le nostre opere; quelle fatte con tenerezza di cuore piacciono più a noi, dico a noi, perché noi guardiamo soltanto il nostro piacere; quelle invece compiute con aridità e sterilità, sono più profumate e hanno più valore davanti a Dio”.


Capitolo XV – Un esempio notevole, a conferma e chiarimento di quanto è tato detto

“Dio vuole condurci con le aridità a una grande purezza di cuore, alla totale rinuncia al nostro interesse personale in tutto ciò che riguarda il suo servizio, a una perfetta spogliazione di noi stessi; il maligno cerca di servirsi delle stesse difficoltà per scoraggiarci, farci ritornare ai piaceri sensuali, e infine renderci tediosi a noi stessi e agli altri, per denigrare e screditare la santa devozione. […]
     Qualche volta, la nausea, la sterilità e l'aridità provengono da indisposizioni fisiche; il che può capitare per le veglie eccessive, per le fatiche e i digiuni; che ci ammazzano di stanchezza, ci intontiscono, ci fiaccano e ci gravano anche di altre infermità. [...]
     In tali situazioni il rimedio è di rinvigorire il corpo con qualche opportuno trattamento e qualche distrazione; è per questo che Francesco [d’Assisi] comandava ai suoi frati di essere moderati nel lavoro, in modo da non fiaccare il fervore dello spirito”.

Sintesi: Gábor
Foto: Joe

Friday, December 16, 2011

Life flows like mighty waters


Introduction to the Devout Life, Part IV
On Temptations
English-speaking Group: Fr. Amaladoss, Fr. John Baptist, Deacon Bro. Lijo Vadakkan

In this part IV, St Francis de Sales makes an elaborate explanation  on temptations trying to give some practical counsels regarding how a soul should fight the temptations.  In fact the whole of part IV is dedicated to this theme.  This section is divided into fifteen chapters and in each of these chapters the saint gives an explanation to the various temptations that the soul has to face in its spiritual journey before attaining the paradise.  These are excellent pieces of advice for anyone who wishes to progress in his/her spiritual life.

There is a first consideration to be kept in mind which is certainly consoling as well as encouraging to the soul.  The saint says, “God allows these great trials and temptations only to those whom he wishes to raise to His pure and excellent love. All the same, it does not follow that they are sure of attaining it thereafter. No one can ever be sure of one’s ability to overcome small temptations just because one has overcome great ones. Trust only in a constant fidelity to God and that is the only way to overcome temptations.  But at the same time not all temptations necessarily lead to sin and the saint makes the clear distinction saying that so long as we abide in our firm resolution to take no pleasure therein of whatsoever temptation we cannot offend God.  “Come what may in the shape of temptation, attended by whatsoever of delectation, so long as your will refuses consent, not merely to the temptation itself, but also to the delectation, you need have no fear, God is not offended.” But if the temptation has been invited by one’s own initiative even though one does not succumb to it, is certainly guilty of the pursuit itself; and even if one withheld his/her consent, one would still deserve censure and punishment.  When it is possible to avoid the delectation arising out of temptation, it is always a sin to accept it, in proportion to the pleasure we take, and the amount of consent given, whether that be great or small, brief or lasting. Therefore when you are tempted to any sin, continues the saint “…examine whether you have voluntarily exposed yourself to the temptation, and if you find that you have done so by putting yourself into its way, or by not foreseeing the temptation, as you ought to have done, then it is sin; but if you have done nothing to bring about the temptation, it is not in anywise to be imputed to you as sin.”

The saint also speaks about the importance of resisting minor temptation if one desires to conquer major temptations.  The saint presents the example of wolves and bears which are certainly more dangerous than flies, but they do not worry and annoy us, or try our patience as the flies do. The saint also underlines very much the importance of spiritual direction when one is faced with temptations because the first condition which the Evil One makes with a soul, when he wants to seduce it, is silence. We can see a heavy influence of this teaching in the insistence of Don Bosco with his boys to be open to the Rector of the house.

In this section the saint also gives examples of different types of temptations like, the temptation of conformity where the tension of the individual is focused on going after the acceptance of the world.  Then, there is the temptation of discouragement. The temptation of anxiety of mind is another one which is considered as the source whence various temptations arise.   This un-resting anxiety is the greatest evil which can happen to the soul and as a consequence of an anxious soul, sin is only to be excepted. The fourth is the temptation of sadness and sorrow and this the saint says can have both good and bad effects but the saint says that there are more bad than good results arising from it, for the only good ones are mercy and repentance; whereas there are six evil results, namely, anguish, sloth, indignation, jealousy, envy and impatience resulting from sadness.  The saint suggests prayer as the remedy against sadness and sorrow as it lifts the mind to God, Who is our only Joy and Consolation.

Life flows like mighty waters
And of course, God also rewards the human being with certain consolations at certain times. The life of man on earth flows by like the mighty waters, heaving and tossing with an endless variety of motion; one while raising him on high with hope, another plunging him low in fear; now turning him to the right with rejoicing, then driving him to the left with sorrows; and no single day, no, not even one hour, is entirely the same as any other of his life.  But, it is important to distinguish what comes from God and what comes from the enemy.  Here the saint exhorts us to use a general rule, with respect to the feelings and affections, he says that their test is in their fruits. Our hearts are as trees, of which the affections and passions are their branches, and deeds and acts their fruits.  That is, a good heart, of which the affections are good, result in good and holy actions.

Just as one was able to experience spiritual consolations there will be also days when one will be completely devoid of all devout feelings, that it will seem that soul is a desert land, fruitless, sterile, wherein one can find no path leading to God, no drop of the waters of Grace to soften the dryness which threatens to choke it entirely.   But the saint says that these are the moments that we have to gather up and use the treasures of God’s Love that we have secured for ourselves in prayer.  If we fail to do so He withdraws them as a punishment of our sloth. Again, any duplicity or unreality in confession or spiritual intercourse with our director tends to dryness and barrenness, because if we lie to God’s Holy Spirit, we can scarcely wonder that He refuses us His comfort.


Summary by deacon Lijo
Photography by Joe

Tuesday, December 13, 2011

Uguaglianza di cuore

L’Introduzione alla Vita Devota di San Francesco di Sales
11 dicembre 2011

GRUPPO POLACCO
Tomasz Hawrylewicz, Jan Marciniak, Tomasz Lukaszuk


Sintesi della riflessione di gruppo sulla parte quarta della Filotea, dei “consigli opportuni contro le tentazioni più correnti”

Nel capitolo quatro - Girolamo ci mostra l’esempio di un giovane che è riuscito di combattere la tentazione (IV, 2), perché anche se era legato sul letto, con fervore si è tagliato la lingua e la sputata in faccia della "donna di malaffare che lo tormentava”.

Santa Catarina (IV, 5) - durante tentazioni ha sperimentato grande l'angoscia. Allora chiedeva Gesù dove è stato durante questi terribili momenti? La sua risposta era, che durante questi momenti era nel suo cuore, in questa angoscia.

Quando un monaco aveva diversi tentazioni (XV, 4), tra questi anche tornare alla propria famiglia quale ha lasciato, piano piano entrato in angoscia. Dopo aver pregato ha cominciato dormire. Ma quando si è svegliato era molto tranquillo. Era già convinto che sarà molto felice la dove si trova.

Siamo pronti a combattere contro gli orsi

Nel capitolo ottavo (VIII, 2) ci accorgiamo che abbiamo una eroicità che ci permette combattere gli orsi e volpi, invece ci accorgiamo che bisogna avere una grande pazienza per le semplici mosche, che raffigurano le cose ordinarie e quotidiane.

Nel capitolo terzo (III, 3) vediamo che ci sono tre gradi per entrare nel peccato: la tentazione, la dilettazione, il consenso. Bisogna fare l'attenzione per non tornare con i pensieri ai peccati del passato, altrimenti si può di nuovo cadere.

Nel capitolo ottavo (XIII, 3) ci ha colpito che bisogna avere l’importanza di conservare uguaglianza del cuore. Bisogna davanti a diversi situazioni rimanere fermi e sempre mettersi nella presenza di Dio. Allora non conviene seguire i sentimenti e emozioni che non sono costanti.

Bisogna essere attenti per ipocrisia ( I, 9), quale si può paragonare con le comete e le stelle. Comete appaiono soltanto per qualche tempo invece le stelle anche se sembra che hanno la luce più debole al riguardo della cometa, in realtà loro luce è più forte e costante.

È difficile abituarsi all'ambiento illuminato (II, 1) da sole quando si esce da buio - cosi capita quando cominciamo la vita pia, virtuosa... ma piano piano l'anima si abitua e cresce spiritualmente nella santità


Tomasz Hawrylewicz (relatore)

Non dire parole inutili

La Filotea
III parte - Capitoli da XXX a XLI

Il nostro gruppo è risultato composto da: Gabor Hartai, Virgilio Radici, Choi Jin Won (Marco) e César Oberto. Ecco di seguito le nostre impressioni, a maniera de sintesi abbiamo presso i paragrafi dove c’erano le coincidenza di ognuno in ogni capitolo

5 dicembre 2011
Virgilio, César, Marco e Gábor nel lavoro di gruppo
Capitolo XXX
ALTRI CONSIGLI SUL PARLARE

    Il tuo modo di parlare sia pacato, schietto, sincero, senza fronzoli, semplice e veritiero. Tienti lontano dalla doppiezza, dall’astuzia e dalle finzioni. t vero che non tutte le verità devono sempre essere dette; ma per nessun motivo è lecito andare contro la verità.
    Nessuna finezza è migliore e più desiderabile della semplicità.
    La prudenza mondana e le arti della carne sono caratteristiche dei figli di questo secolo; i figli di Dio invece camminano senza astuzie e hanno il cuore senza misteri. Chi cammina con semplicità, dice il Saggio, avanza con fiducia. La menzogna, la doppiezza, la simulazione sono segni di uno spirito debole e vile.
    Il parlare poco, tanto raccomandato dagli antichi saggi, non va inteso nel senso di dire poche parole, ma di non dirne di inutili. Nel campo delle parole non si guarda alla quantità, ma alla qualità. Secondo me bisogna evitare i due estremi: darsi troppo un contegno sostenuto e severo, rifiutandosi di partecipare alla conversazione familiare, il che mi sembra che denoti mancanza di fiducia e anche un certo disprezzo degli altri; d’altra parte il ciarlare e il cicalare senza soste, senza mai lasciare spazio agli altri per dire una sola parola, sarebbe segno di leggerezza e insulsaggine.
    S.Luigi trovava che non fosse ben fatto, quando si è in compagnia, parlare all’orecchio o fare conciliaboli; questo per non dare il sospetto che si stesse parlando di qualcuno. Diceva: Chi si trova a tavola, in buona compagnia, e ha da dire una cosa allegra e simpatica, la deve dire in modo che tutti la odano; se invece si tratta di un affare di importanza, non parli affatto.


Capitolo XXXI
PASSATEMPI E DIVERTIMENTI E, IN PRIMO LUOGO,
QUELLI LECITI E LODEVOLI

  Ogni tanto è necessario rilassare lo spirito e il corpo con qualche divertimento.

Essere tanto rigidi, rustici e selvatici da non voler permettere né a sé, né agli altri alcun genere di divertimento, senza alcun dubbio è un vizio!
    Prendere una boccata d’aria, fare due passi, fermarsi in conversazioni gioviali e piacevoli, suonare il liuto o qualche altro strumento, fare della musica, andare a caccia, sono divertimenti così onesti che per usarne bene basta la prudenza comune a tutti, quella che assegna ad ogni cosa un posto, un luogo, un tempo e la misura.

    Bisogna guardarsi soltanto dagli eccessi, sia per il tempo che vi si spende, sia per il denaro che vi si impegna; se tu vi consacri troppo tempo, diventa un’occupazione, non più un divertimento: non ne traggono giovamento né lo spirito, né il corpo, anzi alla fine ti troverai stordito e stanco.  Sta attenta a non impegnare il tuo affetto; un gioco sarà onesto fin che vuoi, ma metterci dentro il cuore e il proprio affetto è sempre male!

Capitolo XXXII
I GIOCHI PROIBITI

In questi giochi non è la ragione che dà la vittoria, ma il caso, che spesso favorisce chi di per sé, quanto a destrezza e ingegno, non meriterebbe niente: sotto questo aspetto la ragione è umiliata.

Infine nel gioco non c’è gioia se non vinci. E non ti sembra che sia una gioia perversa, giacché si può conseguire soltanto per mezzo della sconfitta e del dispiacere del compagno? t davvero una gioia senza onore.

Feste e passatempi (Salesian HS, Richmond, California)

Capitolo XXXIII
I BALLI E I PASSATEMPI LECITI MA PERICOLOSI

Di natura loro, le danze e i balli sono cose indifferenti, ma il modo abituale di dar corso a questi passatempi, manifesta una forte inclinazione e tendenza al male. Per tale motivo costituiscono sempre un certo pericolo.

Ci si dà alle danze di notte e, col favore delle tenebre e dell’oscurità, è facile farci scivolare qualche libertà equivoca e insinuatrice, per un soggetto che, di natura sua, tende fortemente al male; si veglia a lungo, il che guasta la mattinata del giorno seguente e quindi la possibilità di servire Dio in essa; in una parola è sempre follia cambiare il giorno con la notte, la luce con le tenebre, le buone azioni con le follie.

Dopo i funghi si raccomanda di bere vino della migliore qualità; io ti dico che dopo le danze devi ricorrere a qualche santa e buona riflessione, per bloccare le impressioni pericolose che il piacere che hai provato potrebbe aver risvegliato nella tua anima. E quali?

  1. Mentre tu ti davi alle danze, molte anime bruciavano nel fuoco dell’inferno per i peccati commessi nel ballo o per colpa del ballo.
  2. Molti religiosi e persone devote, mentre tu bal1-avi, erano alla presenza di Dio, cantavano le sue lodi e ne contemplavano la bellezza. Hanno impiegato il loro tempo molto meglio di te!
  3. Mentre tu danzavi, molte anime morivano tra grandi sofferenze; milioni di uomini e donne combattevano con il male nei loro letti, negli ospedali, nelle strade. Pativano per la gotta, i calcoli, il delirio. E non trovavano riposo! Tu non ne hai compassione? Non pensi che un giorno ti lamenterai come loro, mentre altri danzeranno come ora fai tu?
  4. Nostro Signore, la Madonna, gli Angeli e i Santi ti hanno visto al ballo: come hai fatto loro pena! Hanno visto il tuo cuore affogarsi in simile follia e tutta presa da quella sciocchezza.  
  5. Mentre tu ballavi il tempo scorreva e ti sei avvicinata alla morte; guarda come sogghigna e ti invita al ballo; al suo ballo, nel quale i violini saranno i gemiti dei circostanti e il passo di danza sarà uno solo, quello dalla vita alla morte.

Quella danza è il solo vero ‘passatempo’ dei mortali; in un momento passi dal tempo all’eternità della felicità o del tormento.

Capitolo XXXIV
QUANDO È PERMESSO GIOCARE E DANZARE

Giocare e danzare è lecito quando si fa per divertimento e non per affetto; deve essere per breve tempo
e non fino a stancarsi o stordirsi, e di rado. Chi lo facesse spesso, trasformerebbe il divertimento in lavoro.

In breve: gioca e danza alle condizioni che ti ho indicato, quando te lo consiglieranno la prudenza e la discrezione per accondiscendere e far piacere all’onesta compagnia nella quale ti troverai; la condiscendenza è figlia della carità e come tale rende buone le azioni indifferenti e permesse quelle pericolose.

Mi ha edificato leggere nella vita di S. Carlo Borromeo che era arrendevole con gli Svizzeri in certi campi nei quali ordinariamente era molto severo, e che il Beato Ignazio di Loyola, invitato a giocare, accettò. Di S. Elisabetta d’Ungheria sappiamo che giocava e danzava quando si trovava in riunioni fatte per divertirsi; e questo senza pregiudizio della devozione, che era tanto radicata nella sua anima che aumentava in mezzo alla pompa e alle vanità cui l’esponeva la sua condizione, proprio come avviene per gli scogli intorno al lago di Rieti che crescono se battuti dalle onde; col vento i grandi fuochi divampano con maggior violenza, ma i piccoli si spengono del tutto se non li proteggiamo.


Capitolo XXXV
BISOGNA ESSERE FEDELI NELLE GRANDI E NELLE PICCOLE OCCASIONI

Nel Cantico dei Cantici lo Sposo confessa che la Sposa gli ha rapito il cuore con uno sguardo e un capello.
     Sarà contento di noi soltanto se avremo cura di servirlo bene nelle cose importanti e di rilievo come nelle piccole e insignificanti; sia con le une che con le altre, possiamo rapirgli il cuore per amore.
Preparati dunque, Filotea, a soffrire un gran numero di grosse afflizioni per il Signore, fors’anche il martirio; deciditi a fargli dono di quanto hai di più prezioso, sempre che si degni di accettare: padre, madre, fratello, marito, moglie, figli, i tuoi occhi e la tua vita; a tutto ciò devi preparare il cuore.
     Quando la Divina Provvidenza non ti manda afflizioni acute e pesanti, insomma non ti chiede gli occhi, donale almeno i capelli: voglio dire, sopporta con dolcezza le piccole offese, gli inconvenienti insignificanti, quelle sconfitte da poco sempre all’ordine del giorno; per mezzo di tutte queste piccole occasioni, usate con amore e direzione, conquisterai totalmente il suo cuore e lo farai tuo.

A farla breve, tutte le piccole contrarietà accettate e abbracciate con amore fanno infinitamente piacere alla Bontà divina, che, per un bicchiere d’acqua, ha promesso il mare della felicità completa ai fedeli; e siccome queste occasioni si presentano in continuazione, servirsene bene è un mezzo sicuro per accumulare grandi ricchezze spirituali.

Ecco com’era la sua meditazione: mentre preparava da mangiare per suo padre, pensava di prepararlo per Nostro Signore, come S. Marta; per lei sua madre le ricordava la Madonna; i fratelli, gli Apostoli. In tal modo pensava nel suo spirito di servire tutta la corte celeste e si adoperava in quei piccoli lavori con molta dolcezza, perché sapeva che quella era la volontà di Dio.

Poni mano a cose forti, applicandoti alla meditazione e all’orazione, all’uso dei sacramenti, a donare amore a Dio e alle anime, -a spargere buoni pensieri nei cuori, a fare insomma opere grandi e importanti secondo la tua vocazione; ma non dimenticare il fuso e la conocchia, ossia pratica quelle piccole e umili virtù che crescono come fiori ai piedi della Croce: il servizio dei poveri, la visita ai malati, la cura della famiglia, con tutto quello che comporta, con una diligenza che non ti lascerà mai tempo per l’ozio; e in tutte queste faccende cerca di avere pensieri simili a quelli che, come ti ho detto, aveva S. Caterina in tali situazioni.
     Le grandi occasioni di servire Dio si presentano raramente, le piccole invece le hai sempre: ora, chi sarà fedele nel piccolo, dice il Salvatore, avrà un incarico grande. Fa dunque tutto in nome di Dio, e tutto sarà fatto bene. Sia che tu mangi, sia che tu beva, sia che tu dorma, sia che ti diverta, sia che tu giri lo spiedo, purché tu porti avanti bene le tue faccende, trarrai sempre grande profitto al cospetto di Dio, perché fai tutte le cose che Dio vuole che tu faccia.

Le grandi occasioni di servire Dio si presentano raramente (Three Rivers)

Capitolo XXXVI
BISOGNA ESSERE GIUSTI E RAGIONEVOLI

Siamo uomini soltanto perché siamo dotati di ragione, eppure è cosa estremamente difficile trovare un uomo veramente ragionevole, perché l’amor proprio abitualmente offusca la ragione, e insensibilmente ci conduce a mille generi di ingiustizie e cattiverie, piccole sì, ma pericolose,

Assomigliamo alle pernici di Pafiagonia che hanno due cuori: ne abbiamo uno dolce e cortese per noi, e uno duro, severo, intransigente per il prossimo. Usiamo due pesi: uno per pesare le nostre comodità, caricando il più possibile, l’altro per pesare quelle del prossimo, alleggerendo più che possiamo.

Filotea, sii costante e giusta nelle tue azioni: mettiti sempre al posto del prossimo e metti lui al tuo e così giudicherai rettamente;

Ricordati di esaminare spesso il tuo cuore, Filotea, per vedere se verso il prossimo si comporta come vorresti che si comportasse lui nei tuoi confronti se tu fossi al suo posto; qui sta la ragionevolezza.
Traiano, rimproverato dai suoi confidenti perché rendeva, secondo loro, la Maestà imperiale troppo accessibile, rispose: E sì, perché non dovrei essere per i cittadini quel tipo di imperatore che io vorrei incontrare se io stesso fossi semplice cittadino?

Sii costante e giusta nelle tue azioni (Longwood Gardens)

Capitolo XXXVII
I DESIDERI

Non desiderare le cose molto lontane nel tempo, ossia che per lungo tempo non potranno capitare, cosa che fanno molti stancando ed impoverendo inutilmente i loro cuori; per di più si mettono in una situazione di continua agitazione.

Proprio non approvo che una persona tenuta a qualche dovere o a qualche vocazione, si diverta a desiderare un altro genere di vita diverso da quello che conviene al suo stato attuale. Ciò distrae il cuore e lo rende fiacco per i doveri che gli sono propri.

Se desidero la solitudine dei Certosini perdo il mio tempo, e questo desiderio occupa il posto di quello che dovrei avere di impegnarmi seriamente al mio dovere attuale. Vorrei che nemmeno si desiderasse di avere uno spirito migliore o un giudizio migliore, perché questi desideri sono frivoli ed occupano il posto del desiderio che ciascuno deve avere di coltivare il proprio così com’è. Non vorrei nemmeno che si desiderassero i mezzi che non si hanno per servire Dio. Questo per i desideri che distraggono il cuore; quanto invece al semplice augurio, non porta alcun danno; l’importante è che non sia troppo insistente.

La varietà dei cibi, soprattutto poi se la quantità è grande, carica sempre lo stomaco e, se è debole, lo rovina. Non riempire la tua anima di troppi desideri: non di quelli mondani perché ti distruggerebbero totalmente, ma nemmeno di quelli spirituali, perché ti appesantirebbero.

Con il parere del tuo padre spirituale, tra tanti desideri, scegli quelli che puoi attuare e portare a compimento ora;

Capitolo XXXVIII
CONSIGLI PER GLI SPOSATI

Vi esorto a rendere sempre più forte questo amore reciproco, ma fate attenzione che non si muti in alcuna forma di gelosia; capita spesso che le mele più delicate e più mature abbiano il verme; la stessa cosa può capitare tra gli sposi: dall’amore più ardente e premuroso può nascere il verme della gelosia che guasta e fa marcire tutto. Comincia con le discussioni, poi le discordie e infine le divisioni. La gelosia non potrà mai entrare dove c’è un’amicizia reciproca fondata sulla virtù sincera; infatti la gelosia è segno di un amore sensuale e che cresce dove trova una virtù manchevole, incostante e diffidente.

L’aiuto reciproco deve essere così grande che mai avvenga che entrambi siano adirati contemporaneamente e improvvisamente, perché tra loro non si devono vedere dissensi e litigi. Le mosche da miele non possono fermarsi dove c’è eco, rimbombo o clamore di voci; lo stesso è dello Spirito Santo che non entra in una casa dove ci sono dispute, contese, urla che si accavallano e litigi.

Capitolo XXXIX
L’ONESTA DEL LETTO MATRIMONIALE

Il letto matrimoniale deve essere immacolato, dice l’apostolo, ossia non contaminato da impudicizie e altre innominabili brutture.

Dice S. Agostino: “ t il grande male dell’uomo pretendere di godere di quelle cose di cui deve soltanto servirsi, e volersi servire di quelle per le quali deve soltanto provare gioia “. Noi dobbiamo godere delle cose spirituali e di quelle corporali soltanto servircene; quando noi trasformiamo in godimento l’uso delle cose corporali, anche la nostra anima da ragionevole diventa bruta e bestiale.


Capitolo XL
CONSIGLI ALLE VEDOVE

L’orazione deve costituire un costante esercizio per la vedova; siccome ella deve ormai nutrire amore soltanto per Iddio, trovo naturale che le sue parole siano quasi esclusivamente rivolte a Dio.

La pulizia e la semplicità sono i due abbellimenti per i loro abiti; l’umiltà e la carità i due ornamenti per le loro azioni; l’onestà e il tratto gentile, l’ornamento della loro conversazione; il riserbo e la pudicizia, l’ornamento dei loro occhi; e Gesù Cristo Crocifisso l’unico amore del loro cuore.

Per concludere, nella Chiesa, la vera vedova è una violetta di marzo, che spande intorno a sé un profumo incomparabile di devozione, e si tiene sempre nascosta sotto le larghe foglie della sua umiltà, e con i colori meno sgargianti che indossa, testimonia la mortificazione; cresce nei luoghi freschi e non coltivati, non vuol essere agitata dalle conversazioni della gente di mondo, per meglio proteggere la freschezza del cuore dal desiderio dei beni, degli onori e, perché no? dal calore di un’amore che potrebbe invaghirla. Sarà molto felice, dice il santo Apostolo, perseverando in quella via.

Capitolo XLI
UNA PAROLA ALLE VERGINI

Le lettere di S. Girolamo vi offrono tutti i consigli del caso; e giacché la vostra condizione vi obbliga all’obbedienza, scegliete una guida, per poter più santamente, sotto la sua condotta, consacrare il vostro cuore e il vostro corpo alla sua divina Maestà.

Sintesi di César Oberto

César fa il confronto fra la versione spagnola e quella italiana

Sunday, December 11, 2011

Consigli opportuni contro le tentazioni


La Filotea, Parte Quarta
Contiene i consigli opportuni contro le tentazioni più correnti

Gruppo di lingua italiana: Manuel Camilleri
12 dicembre 2011

Quando uno decide di seguire e di vivere una vita devota, troverà di sicuro delle persone che non sono d’accordo con questa decisione. Alcuni anche cercerano di dissuadere la persona che ha preso tale decisione. Torverà anche quelli che sono “più arrabiati” degli altri; saranno questi a fare la guerra più dura contro l’anima perchè essi “daranno al tuo cambiamento il nome di ipocrisia, di bigotteria, di tradimento; diranno che il mondo ti ha voltato le spalle ed allora ti sei consolata volgendoti a Dio”. Gli amici poi cominceranno a rimproverare la persona per la decisione presa, e lo fanno, apparentemente, con tanta carità. Loro sanno già che la persona diventerà triste, perderà credito di fronte alla gente, sarà insopportabile, invecchierà prima del tempo e poi “le cose di casa tua andranno a rotoli; ti ricorderanno che bisogna vivere nel mon do stando alle sue regole, che l’anima si può salvare anche senza tante storie; e simili sciocchezze”.

Tutti questi commenti sono “chiacchiere stupide e inutili” e Filotea li deve considerare come tale. A questa “brava” gente non importa niente della salute dell’anima di Filotea. È tutto superficiale quello che dicono. Come dice il Singore, siccome Filotea non è del mondo e non vuole essere del mondo, il mondo la odia. Queste parole, comunque, li devono dare forza. La ente è preoccupata per una persona che decidere di vivere una vita devota, ma non si preoccupa di quelli che la buttano facendo delle cose mondane! “Chi non si accorge subito che il mondo è un giudice ingiusto? Gentile ed accomodante con i suoi figli, ma duro e senza pietà per i figli di Dio”. Sembra che per andare genio con il mondo si deve andare a braccetto con lui. Poi il mondo non si accontenta lo stesso. L’esempio ce lo dà il Signore quando riferendo a Giovanni il Battista che è venuto e “non mangia e non beve e voi dite che ha il diavolo; è venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve e voi dite che è un samaritano”. In tutte le cose che farà, Filotea può essere certa di essere sempre criticata, nel bene o nel male. Il mondo è cieco ecco perché non capisce le azioni nostre Filotea. Allora “lasciamo perdere questo cieco: lascialo urlare finché non si stancherà, come fa il barbagianni per spaventare gli uccelli del giorno. Restiamo fermi nei nostri propositi, sarà la perseveranza a dimostrare che è sul serio e con sincerità che ci siamo votati a Dio e incamminati nella vita devota”. Se il mondo ci considera pazzi perché percorriamo la vita devota, noi lo consideriamo matto!

Restiamo fermi nei nostri propositi (Lunzjata)
In tutto questo è necessario farsi coraggio. Perché? Perché scegliendo la vita devota, all’inizio sembra come un disorientamento perché è una cambiamento interiore che incide su tutta la vita. Non è facile dire addio ad una vita passata ma Francesco invita Filotea: “tu rimanga seriamente sconvolta e questo addio totale alle follie e alle stupidità del mondo, ti causi qualche momento di sofferta tristezza e di scoraggiamento. Se dovessi trovarti realmente in simile situazione, abbi un po’ di pazienza, te ne prego: vedrai che non è nulla!” Dopo che questo momento di disorientaento passerà, Filotea avrà molta consolazione nella vita nuova che ha scelto.

Fà un paragone con una montagna che richiama l’esperienza dei mistici – la salita – e che non è una salita facile: “Ora ti accorgi che la montagna della perfezione cristiana è terribilmente alta: dirai, Dio mio, e come ci arriverò? Coraggio, Filotea, quando le larve delle api cominciano a prendere forma si chiamano ninfe; non sanno ancora volare sui fiori, né sui monti, né sulle colline, per raccogliere miele; ma piano piano, nutrendosi del miele preparato dalle api anziane, quelle piccole ninfe mettono le ali e si fortificano, e così in seguito potranno volare ovunque, alla ricerca del miele”. E vero che di fronte a questa montagna noi siamo delle piccole larve, ma riusciamo a salire secondo il nostro ritmo, secondo le nostre possibilità, secondo il nostro progetto.

Ora il nostro Santo prepara la Filotea per essere pronta alle battaglie, specialmente alle battaglie che ci vengono addosso dalle tentazioni.

Satana, il mondo e la carne, faranno di tutto per tentare la Filotea. Essi vedendo un’anima “sposa al Figlio di Dio, le mandano tentazioni e suggerimenti”. Questi tentazioni cominciano sempre con un invito. L’anima poi trova o non trova piacere in questo e in fine lo accetta accetta o lo rifiuta. Questi sono i tre gradini del peccato che e’ vero che “non sempre è facile distinguerli chiaramente in ogni genere di peccato, ma sono molto evidenti e distinti concretamente nei peccati di chiara gravità”. Il Santo cerca di fare dei chiarimenti per la Filotea. La tentazione in se’ non e’ un peccato; e quando si ci acconsente che diventa peccato: “Anche se la tentazione ad un peccato ci tormentasse tutta la vita, non potrebbe renderci sgraditi alla divina Maestà; l’essenziale è che non ci piaccia e che non acconsentiamo. Il motivo è che nella tentazione noi non siamo attivi, ma passivi, e siccome non proviamo alcun piacere, non possiamo essere colpevoli”.

Un invito al coraggio (Lunzjata, 27 febbraio 2011)

La Filotea è invitata ad essere molto coraggiosa specialmente quando è afflitta da tentazioni. Non si deve sentirsi mai vinta finché la disgustano “tieni sempre presente la differenza che c’è tra sentire e acconsentire; è possibile sentirle pur continuando a provarne dispiacere, ma invece non è possibile acconsentire senza provare piacere in esse; il motivo è presto detto: il piacere è il gradino al consenso”. I nemici possono attaccarsi da tutte le parti e in tanti modi ma “finché da parte nostra saremo decisi a rifiutare, non e possibile che offendiamo Dio”. San Francesco ricorda alla Filotea che nella nostra anima ci sono due poli opposti che sono in lotta fra di loro. Quando lui riferisce alla parte superiore dell’anima si riferisce alla ragione. Con la ragione possiamo arrivare alla conclusione quanto le tentazioni possono farci del male. Allora si deve anche fare la distinzione fra il consenso involontario e quello volontario.

Il Santo delle anime poi passa a dare due esempi con i quali Filotea possa capire di più questo argomento delle tentazioni. Prende l’esempio di un giovane di cui parla San Girolamo che tentato da una donna malfatta, egli resite la tentazione, anche se è preso da sensazioni nel suo corpo. Poi racconta la storia di Santa Caterina di Siena che ha avuto una grande tentazione nel suo cuore contro la castità. Ama Dio che si trovava lì, nel suo cuore, anche se il suo cuore era pieno d’oscenità. Il Signore non l’ha abbandonata. Ecco perché lei ha vinto la tentazione. Filotea deve avere coraggio da queste due esperienza e essere anche consapevole che Dio è nel suo cuore: “Quale sconforto per un’anima che ama Dio, non sapere nemmeno se Egli è in lei o meno e se l’amore divino, per il quale lotta, è completamente spento in essa o no! Ma è l’apice della perfezione dell’amore celeste far soffrire e lottare l’amante per amore, senza sapere se possiede quell’amore per il quale e per mezzo del quale lotta!”.

Se Filotea si trovasse presa da una grande tentazione, le deve sapere che Dio la vuole favorirla in un modo speciale e renderla più vicino al Suo cospetto. Ma Filotea dev’essere sempre in guardia e rimane umile. Vincendo le grandi tentazioni non è una garanzia che essa può vincere le più piccole. Essa deve rimanere fedele alla Maestà divina. Infine, Filotea deve avere coraggio nella consapevolezza che finché “nel nostro cuore c’è il movimento del rifiuto, stiamo pur certi che la carità, vita delle nostre anime, vive in noi, e Gesù Cristo nostro Salvatore dimora nelle nostre anime anche se nascosto in un angolo. E così, con l’esercizio assiduo dell’orazione, dei sacramenti e della fiducia in Dio, le nostre forze ritorneranno e con esse la nostra vita piena e piacevole”.

Con l'orazione, con i sacramenti, con fiducia in Dio, troviamo la forza

In che modo la tentazione e la dilettazione possono essere peccato? Come già accennato, il Santo insiste che il libero consenso alle tentazioni li rende peccato. Può anche capitare che una sola tentazione ci mette nel peccato perché ne siamo la causa. Egli fa degli esempi: “so che se gioco, mi adiro facilmente e bestemmio e che il gioco mi è di trampolino a quei peccati: io pecco tutte le volte che gioco e sono colpevole di tutte le tentazioni che mi capiteranno nel gioco. Così pure, se so che certe conversazioni mi portano alla tentazione e alla caduta, e io mi ci metto ugualmente, senza dubbio sono colpevole di tutte le tentazioni che vi incontrerò”. E anche per la dilettazione che quanto essa deriva dalla tentazione “può essere evitata, accettarla è sempre peccato nella misura che il piacere che ci si trova e il consenso che le si dà è più o meno pieno, persistente nel tempo o solo di breve durata”. La volontà ah un ruolo importante nel decidere, con onestà, se Filotea ha accettato la tentazione che diventa peccato. Questo vale per quelle occasione quando c’era la possibilità di evitare la stessa occasione o almeno quando era prevista: Ma se non ha offerto alcun appiglio alla tentazione, in nessun modo essa può essere imputata a peccato. La dilettazione verso la tentazione e che ne segue dev’essere evitata. Se c’era la possibilità di evitarla e questo non è avvenuto, allora “in qualche modo il peccato è sempre presente secondo che ci si è soffermati poco o molto, e secondo il motivo che ha dato origine al piacere che vi abbiamo provato”. Quando volontariamente e deliberamente decidiamo di godere il paicere che viene dopo la tentazione, è peccato grave.

I rimedi per le tentazioni gravi? “Appena avverti in te qualche tentazione, fa come i bambini quando scorgono il lupo o l’orso in campagna; si precipitano immediatamente tra le braccia del papà o della mamma e se non possono fare altro, strillano chiamandoli in aiuto. Similmente ricorri a Dio, chiedendogli la sua misericordia e il suo aiuto; è il rimedio che ci insegna Nostro Signore: Pregate per non entrare in tentazione”. Se la tentazione persiste, Filotea è invitata a correre verso la Croce “come se tu vedessi realmente davanti a te Gesù crocifisso; protesta che non cederai mai alla tentazione e chiedigli aiuto contro la stessa; finché la tentazione rimarrà, tu insisti nel protestare che mai cederai... non guardare in faccia la tentazione; guarda soltanto Nostro Signore; se tu dovessi guardare la tentazione, soprattutto nei momenti di maggiore intensità, il tuo coraggio potrebbe anche vacillare”.

Il rimedio più sicuro contro le tentazione e di aprirsi al direttore spirituale, aprire il cuore a lui perché la prima condizione che il diavolo pone nelle tentazioni è di rimanere in silenzio “esattamente come fanno quegli uomini che tentano di sedurre le donne e le ragazze; per prima cosa impongono loro di non farne parola con i papà e con i mariti: tutto diverso è il modo di agire di Dio; nelle sue ispirazioni ci chiede di farlo sapere subito a chi ha la nostra responsabilità e ai direttori spirituali”. Se la tentazione si ostina a tormentarci, noi dobbiamo essere più ostinati d’essa nel protestare di non voler consentire “perché, come le ragazze non possono essere date a marito finché dicono di no, così l’anima, per quanto turbata, non sarà ferita finché dice di no!”. Non si deve discutere con il nemico dell’anima ma soltanto mandarlo via con forza come quella usata da nostro Singore stesso: “Vai via Satana!”

Non discutere con il nemico dell'anima

Non basta resistere alle tentazioni grandi; si deve resistere anche a quelle piccole. Combattere le grandi tentazioni ci darà una vittoria che ci sarà molto utile. Tuttavia i tragga maggior profitto e ci sarà di molto aiuto. Il motivo è chiaro: le prime sono grandi e i secondi sono molte “di modo che si può dire che la vittoria su queste equivale alla vittoria su quelle”. I lupi e gli orsi sono più grandi e più pericolosi dalle mosche. Ma quando le mosche ci attaccano incessantemente vincano di più sulla nostra pazienza! Il Santo dà degli esempi per ampliare questo paragone; “È facile” scrive “non essere assassini, ma molto difficile evitare le piccole collere che trovano continuamente occasioni. È abbastanza facile per un uomo e una donna non cadere in adulterio, ma non altrettanto facile impedirsi le occhiate, innamorarsi o fare innamorare, procurare emozioni e piccoli piaceri, dire e ascoltare parole di civetteria”.

Le piccole tentazioni, purtroppo, sono già molto avanzate in quelle persone che sono già più incamminati nella vita devota e che sono più risoluti “Ecco perché, cara Filotea, è necessario che ci prepariamo con grande cura e diligenza a questo combattimento; ...sostengo che, in attesa di lottare bene e con valore, contro le grandi tentazioni, se verranno, nel frattempo difendiamoci bene da questi piccoli e deboli attacchi”. Come rimediare a tali tentazioni, cioè a quelle piccole?

“Quanto alle piccole tentazioni di vanità, di sospetto, di tristezza, di gelosia, di invidia, di passioncelle e simili trabocchetti che ... non ci è dato di liberarci completamente dal loro fastidio; la migliore resistenza che si possa loro opporre è di non innervosirci; allo stesso modo, le piccole tentazioni possono darci molto fastidio, ma non possono nuocerci, purché ci sia sempre in noi la ferma decisione di servire Dio.” Inoltre, Filotea non li deve ascoltare; non valgano neanché un pensiero. Se persistono, lei deve fare atti contrari, specialmente nell’amore verso Dio. La virtù opposta per combattere le tentazione sarebbe di accettare il confronto dopo il qulae, Filotea è invitata a ritornare ai piedi di Gesù crocifisso e bacarli i piedi; è il mezzo “migliore per vincere il nemico, tanto nelle piccole tentazioni come nelle grandi: l’amore di Dio contiene in sé tutta la perfezione di tutte le virtù; per questo è il rimedio migliore contro tutti i vizi... è così temibile per il maligno, il quale quando si accorge che le sue tentazioni ci spingono all’amore di Dio, smette di tentarci”.

Come fortificare il cuore contro le tentazioni?

Come fortificare il cuore contro le tentazioni? Filotea è invitata ogni tanto a dare uno sguardo alla sua anima per vedere quali sono le passioni che più la spadroneggiano. Una volta scoperte, dice il Santo, le deve impostare la sua vita in modo esattamente contrario nei pensieri, nelle parole, nelle azioni. Come di consueto, egli dà degli esempi pratici per non lasciare il discorso tra le nuovle: “se ti senti portata alla passione della vanità, pensa spesso alla miseria di questa vita terrena, quanto queste vanità peseranno sulla coscienza nel giorno della morte, quanto siano indegne di un cuore generoso. Pensa che sono soltanto giochi e divertimenti per bambini, e altre simili riflessioni”. Poi deve anche compiere molti atti di abiezione e di umiltà in questo modo si abituerà all’umiltà e indebolirà la vanità; di modo che, quando giungerà la tentazione, la sua inclinazione non le sarà più di appoggio e avrà più forza per combatterla.

Il nostro Santo poi passa a parlare sull’agitazione che lui considera come tentazione. Essa non è “una semplice tentazione, ma una fonte dalla quale e a causa della quale ci vengono molte tentazioni: per questo te ne parlo un po’”. Quando l’anima avverte in sé un male essa prova contrarietà “questa è la tristezza; subito desidera liberarsene e cerca il mezzo per disfarsene; fin qui ha ragione, perché ciascuno, per natura, tende al bene e fugge ciò che reputa male”. Se l’anima cerca li liberarsi dal suo male e lo fà per amore di Dio, allora cerca di fare questo con pazienza, dolcezza, umiltà e serenità aspettando così la sua liberazione cheavviene per potenza di Dio e non di se stessa. Se cerca la liberazione per amore proprio, allora subentra l’agitazione pensando che la sua liberazione dipende più da lei che da Dio. A questo punto, la tristezza che all’inizio era giustificata diventa agitazione “e l’agitazione in seguito aumenta la tristezza, il che è molto pericoloso”.

L’agitazione è

  • uno dei mali peggiori che possa colpire l’anima, eccettuato il peccato
  • viene da un desiderio smodato di liberarci dal male che ci opprime o di acquistare il bene che speriamo

Cerca di calmarti e di trovare la serenità (Lunzjata)

Per liberarsi da qualche male e di pervenirsi per qualche bene, Filotea prima di tutto si deve calmarsi e trova serenità. Si deve far calmare la il suo intelletto e la sua volontà. Si deve riflettersi se ha dominio sulla sua anima e a mantenere il suo cuore ai suoi ordini. Se il cuore si smarrisce, lei lo deve portarlo indietro alla presenza di Dio e si deve sottomettere alla sua volontà Divina. Poi per i piccoli desideri e di poca importanza, non si deve permettere i suoi desideri di provocare agitazione in le. Questo perché ai piccoli seguiranno quelli più grandi e quelli più impegnativi e troveranno il tuo cuore già aperto al turbamento e al disordine. Quando si sente di cadere nell’agitazione, Filotea si deve raccomandarsi a Dio e “nel qual caso, con un impegno dolce e sereno, devi contenere la spinta del tuo desiderio, controllandolo e moderandolo nella misura del possibile, e realizza quello che devi realizzare non seguendo il tuo desiderio, ma seguendo la ragione”. Questo lo può fare con l’aiuto del direttore spirtuale.

Per quanto concerne la tristezza, Francesco scrive che se essa è “secondo Dio opera la penitenza per la salvezza; la tristezza del mondo, invece, opera la morte. La tristezza può essere quindi buona o cattiva: dipende dagli effetti che produce in noi”. La tirsitezza produce pochi effetti buoni in noi e tanti cattivi. Quelli buoni sono soltanto due: la misericordia e la penitenza. Quelli cattivi invece sono “l’angoscia, la pigrizia, lo sdegno, la gelosia, l’invidia, l’impazienza. Il che ha fatto dire al Saggio: La tristezza ne uccide molti e non giova a nulla; infatti contro due soli rigagnoli buoni che zampillano dalla sorgente della tristezza, ce ne sono sei di cattivi!”. Il nemico della nostra anima si serve della tristezza per darci delle tentazioni. Egli cerca i far sentire bene quelli che stanno facendo il male, e di sentirsi male quelli che stanno facendo il bene.

La tristezza ne uccide molti (Lunzjata Rabat, 27 febbraio 2011)

“La cattiva tristezza turba l’anima, la mette in agitazione, le dà paure immotivate, genera disgusto per l’orazione, assopisce e opprime il cervello, priva l’anima di consiglio, di proposito, di senno, di coraggio e fiacca le forze” . Essa è come un inverno duro che uccide tutta la bellezza della terra e manda in letargo gli animali. La tristezza “toglie ogni bellezza all’anima e la rende quasi paralizzata e impotente in tutte le sue facoltà”. I rimedi? La preghiera è il primo rimedio. È efficace e solleva l’anima verso Dio che è la nostra unica gioia. Filotea è invitata a combattere con tutta la sua forza la tristezza perché quello he il nemico vuole è che tramite la tristezza uccide in noi la voglia di fare del bene, uccide le opere buone. Filotea può anche usare il canto per allontanare la tristezza, cantando inni spitituali. Il nemico della nosta anima, appena sente quesit canti, scappa via. Il compiere degli atti esteriori di fervore è un altro rimedio per scaccare la trisezza, “abbraccia il Crocifisso stringendolo al cuore, baciagli i piedi e le mani, alza gli occhi e le mani al cielo, indirizza la tua Voce a Dio con parole di amore e di fiducia simili a queste: Il mio Amore è mio e io sono sua. Il mio Amore è come un mazzetto di mirra che riposa sul mio seno”.

Infine, la disciplina moderata è anche un buon rimedio contro la tristezza “perché questa mortificazione esteriore volontaria, chiama la consolazione interiore e l’anima, provando dolori dal di fuori, si distrae da quelli che l’affliggono di dentro”. Poi, la Communione frequente è un ottimo rimedio. Filotea poi è invitata a mettersi nelle mani di Dio per affacciare tale tristezza; dopo che il Signore la mette alla prova, la libererà.

La disciplina moderata è un buon rimedio contro la tristezza (Lunzjata)

Il nostro mondo, tramite la bontà del Signore, ha il suo ritmo: la notte segue il giorno; gli stagioni arrivano proprio in tempo; un giorno solo è unico e non si ripeterà. Tutta questa varietà fa del nostro universo una cosa bella. Lo stesso si può dire dell’uomo, che è paragonato ad “un piccolo mondo”. Egli non si trova mai nella stessa condizione. La sua vita “scorre su questa terra come le acque che scrosciano e ondeggiano in un continuo turbinio di movimenti; e ora lo alzano verso la speranza, ora lo prostrano nella paura, ora lo spingono verso la destra della consolazione, ora verso la sinistra dell’afflizione, e non si dà mai un giorno solo, anzi nemmeno un’ora sola, che sia identica all’altra”.

Il consiglio del Santo è di sforzarci a “conservare una continua ed inattaccabile uguaglianza di cuore in una simile varietà di situazioni” e siccome tutto in torno a noi è in movimento, dobbiamo rimanere forti e saldi e tendere verso il nostro Dio. Come la bussola è sempre puntata verso il polo, così anche la nostra volontà, che è la nostra bussola, deve guardare e tendere verso Dio e “questo indipendentemente dal fatto che la nostra anima sia nella tristezza o nella gioia, nella dolcezza o nell’amarezza, in pace o nel turbamento, nella luce o nelle tenebre, nella tentazione o nella serenità, nel piacere o nel disgusto, nella aridità o nella tenerezza, sia infine che il sole la bruci o che la rugiada la rinfreschi!”. Niente può separarci dall’Amore di Dio. Il proposito di non abbandonare Dio e il suo amore, specialmente nei momenti di prova dura “è il contrappeso necessario perché le nostre anime si conservino nella santa uguaglianza in mezzo all’intreccio delle varie spinte che la natura di questa vita porta con sé”.

Conservate l'uguaglianza di cuore (Lunzjata, 27 febbraio 2011)

Il Santo poi passa a dare delle indicazioni specifiche:

1. “La devozione non consiste nella dolcezza, soavità, consolazione e tenerezza sensibile del cuore, che ci porta alle lacrime e ai sospiri e ci dà una certa gradevole e sensibile emozione in qualche esercizio di pietà... La devozione non consiste in queste tenerezze e in questi affetti sensibili, che a volte provengono dalla natura talmente debole e impressionabile da assorbire tutte le impressioni che le si vogliono dare. Altre volte vengono dal maligno che per impacciarci nel cammino provoca la nostra immaginazione alla tensione che ci porta a quei risultati inutili”.

2. “Queste emozioni e dolcezze affettuose, qualche volta possono anche risultare utili perché provocano nell’anima il desiderio della devozione, danno conforto allo spirito, aggiungono alla presenza della devozione una santa gioia e una serena allegria che rende le nostre azioni spigliate e piacevoli anche esteriormente...La più piccola consolazione che ci viene dalla devozione, in ogni modo, vale più di tutte le gioie del mondo...Sono piccoli assaggi delle dolcezze immortali che Dio concede alle anime che lo cercano... anche noi, nel mare di questa vita terrena, riceviamo dolcezze e soavità che ci fanno pregustare le delizie di quella Patria celeste alla quale tendiamo ed aspiriamo. ed aspiriamo”.

3. “Ma, mi dirai, dato che ci sono consolazioni sensibili buone che vengono da Dio, e ce ne sono anche di inutili, pericolose e persino dannose... come potrò distinguere le une dalle altre e riconoscere le cattive e le inutili in mezzo alle buone? È dottrina comune, cara Filotea, circa gli affetti e le passioni della nostra anima, che le possiamo riconoscere dai loro frutti. I nostri cuori sono alberi, gli affetti e le passioni i rami, le opere e le azioni i frutti...ma se le dolcezze sono tali solo per noi, ci rendono strani, aspri, puntigliosi, impazienti, cocciuti, orgogliosi, presuntuosi, duri nei confronti del prossimo e, già pensando di essere dei santarelli...”.

4. Allorché riceviamo dolcezze e consolazioni :

  • “dobbiamo umiliarci profondamente davanti a Dio; stiamo bene attenti a non dire, provando quelle dolcezze: come sono santa! Filotea, quelli sono doni che non ci rendono migliori, perché, come ho già detto, la devozione non consiste in questo...la dolcezza spirituale che ci viene data è senz’altro ottima e ottimo anche Dio che ce la dà, ma non se ne conclude che sia buono anche chi la riceve!”
  • “Riconosciamo di essere ancora bambini bisognosi di latte...”
  • “...prendiamo l’abitudine di ricevere con umiltà quelle grazie e quei favori...non tanto perché lo sono in se stessi, ma ancor più perché vengono dalla mano di Dio, che li pone nel nostro cuore...Filotea, possedere delle dolcezze è molto, ma la dolcezza più grande è sapere che è Dio con la sua mano amorevole e materna a depositarcele in bocca, nel cuore, nell’anima, nello spirito”.
  • “Dopo averle ricevute con molta umiltà, serviamocene attentamente secondo l’intenzione di Colui che ce le ha date. Perché Dio ci ha dato queste dolcezze? Per renderci amabili con tutti e pieni di amore verso di Lui. E allora baciamo questo Salvatore che ci fa dono di tante dolcezze...lo sai bene, vuol dire obbedirgli, osservare i suoi comandamenti, fare la sua volontà, seguire i suoi desideri; in breve: abbracciamolo teneramente con obbedienza e fedeltà”.
  • “Ogni tanto, poi, bisogna saper rinunciare a queste dolcezze, tenerezze e consolazioni; bisogna staccarne il cuore e protestare...perché è Dio che ce ne fa dono per attirarci al suo amore ... Non cerchiamo le consolazioni, ma il Consolatore...”
  • “Infine, se ti dovesse capitare di trovarti in molte consolazioni, tenerezze, lacrime e dolcezze, o qualche altro favore divino da esse dipendente, ti consiglio di riferirne fedelmente alla tua guida spirituale, per sapere come devi comportarti e regolarti...”

Cerchiamo il Consolatore (Lunzjata, 27 febbraio 2011)

Il tempo delle consolazioni non durerà in eterno. Anzi, qaulche volta entrano l’aridità e la sterilità dello spirito. Filotea sentirà che la sua anima sia come in un deserto, terra arida senza frutti. L’anim si sente smarrita, senza via e direzione. “Che farai in simili occasioni, Filotea? Guarda da dove viene il male: spesso siamo noi stessi causa delle nostre aridità e sterilità”:

1. “Come la madre rifiuta lo zucchero al figlio soggetto ai vermi, così Dio ci priva delle consolazioni quando noi ne ricaviamo vuote emozioni e andiamo soggetti ai vermi della presunzione.”.

2. “Quando trascuriamo di raccogliere le dolcezze e le delizie dell’amore di Dio nel tempo opportuno, il Signore le allontana da noi per punire la nostra pigrizia”.

3. “A volte ci adagiamo in un letto di soddisfazioni sensuali e di consolazioni caduche...Lo Sposo delle nostre anime bussa alla porta del nostro cuore, ci invita a ricominciare di nuovo i nostri esercizi spirituali, ma noi vogliamo mercanteggiare, perché ci dispiace lasciare quelle gioie, e separarci dalle false soddisfazioni; allora egli passa oltre e ci lascia nella nostra pigrizia. In seguito poi, quando lo cercheremo, faticheremo molto a trovarlo...Se hai la farina d’Egitto, non puoi avere la manna del cielo!”

4. “La doppiezza e la finzione nella confessione e nei colloqui spirituali con la propria guida, provoca l’aridità e la sterilità: dopo che hai mentito allo Spirito Santo, perché ti meravigli se ti priva della sua consolazione?”

5. “Ti sei ben ubriacata delle gioie mondane, perché ti meravigli allora se le delizie spirituali ti vengono a nausea? Ha colmato di beni gli affamati, dice la Madonna, e i ricchi li ha lasciati a mani vuote. i ricchi di piaceri mondani non possono ricevere quelli spirituali”.

6. “Hai conservato bene i frutti delle consolazioni ricevute. In tal caso ne riceverai delle altre...”

Per non cadere nell'aridità (Lunzjata)

Per causa di molte di queste cause noi perdiamo le consolazioni devote; cadiamo nell’aridità e sterilità di spirito. Ci dobbiamo esaminare la nostra coscienza ma questo esame non si fà con agitazione. Quando si scopre la causa per la quale abbiamo perso la consolazione e si ringrazia il Singore perché trovando e riconoscendo il male è già la metà della guarigione. Se, al contrario, non si trova nulla che può essere la causa di questa aridità con tutta semplicità, Filotea deve seguire questi passi:

1. “Umiliati profondamente davanti a Dio, riconoscendo il tuo nulla e la tua miseria: Che cosa ne è di me quando sono affidata a me stessa?”

2. “Invoca Dio e domandagli la sua gioia: Rendimi, Signore, la gioia della tua salvezza. Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice”

3. “Va dal tuo confessore, aprigli bene il cuore, svelagli tutti i nascondigli della tua anima, accetta i consigli che ti darà, con grande semplicità e umiltà”.

4. Ma, dopo tutto, niente è così utile e così fruttuoso, in tali aridità e sterilità, come il non affezionarsi e attaccarsi al desiderio di essere liberati. Non dico che non bisogna, con molta semplicità, aspirare alla liberazione; ma dico che non ci si deve affezionare, anzi bisogna rimettersi con semplicità nelle mani della Provvidenza di Dio...Se perseveriamo nell’umiltà, ci colmerà dei suoi deliziosi favori...”

5. “Infine, Filotea, tra tutte le nostre aridità e sterilità, non perdiamo il coraggio, ma aspettiamo con pazienza, il ritorno delle consolazioni. Continuiamo il nostro abituale modo di vivere; non tralasciamo per questo motivo nessun esercizio di devozione...”

Il Santo conclude questo capitolo suggerendo che l’anima quando si trova in una bella primavera di consolazioni spirituali, “si distragga talmente nel desiderio di accumularle e assaporarle, che, per l’abbondanza delle piacevoli delizie, si occupa molto meno delle opere buone. Al contrario quando si trova nell’asprezza e nell’aridità spirituale, a misura che si vede privata dei sentimenti piacevoli della devozione, moltiplica le opere concrete e interiormente genera più copiose le vere virtù, quali la pazienza, l’umiltà, l’abiezione di sé, la rassegnazione, l’abnegazione dell’amor proprio”.

Una bella primavera di consolazioni spirituali (Lunzjata)

Conclude questa parte con un esempio per confermare tutto quello che lui ha scritto fin qui. Lui racconta una storia di San Bernardo. Racconta di un monaco che sentendosi arido in spirito, cominciava a ricordare il mondo, le ricchezze, gli amici, i parenti, il potere. Lui si confidava in un amico suo compagn di viaggio. Le conclusioni che Fracesco trae da questo racconto sono:

1. “Ordinariamente a chi entra al suo servizio, Dio dà un saggio delle gioie celesti, per far uscire dai piaceri terreni e incoraggiare a cercare l’amore divino...”

2. “È sempre lo stesso buon Dio che qualche volta, secondo i suoi saggi disegni, ci toglie il latte e il miele delle consolazioni, per farci divezzare, e insegnarci a mangiare il pane secco e più solido di una devozione forte, esercitata alle prove del disgusto e delle tentazioni”.

3. “Qualche volta, mentre siamo afflitti da aridità e sterilità, scoppiano terribili burrasche; in tal caso dobbiamo combattere con costanza le tentazioni, perché quelle non vengono da Dio, ma dobbiamo sopportare pazientemente le aridità, perché quelle Dio le ha permesse per esercitarci”.

4. “Non dobbiamo mai perderci di coraggio quando siamo afflitti da guai interiori...Dice infatti il Saggio che nei giorni felici bisogna ricordarsi della sventura. Bisogna sperare nelle difficoltà e temere nella prosperità, e sia nell’un caso che nell’altro, umiliarsi”.

5. “Confidare il proprio male a qualche amico spirituale che possa aiutarci è un ottimo rimedio”.

Filotea deve ricordare che Dio vuole che noi entriamo nell’aridità perché Lui vuole condurci a una grande purezza del cuore, di rinunciare i nostri interessi personali in tutto quello che riguardo il suo servizio. Il maligno vuole esattamente l’opposto: s serve della stessa aridità per scoraggiarci, per farci ritornare al mondo e ai suoi piaceri e a renderci tediosi a noi stessi e agli altri. Lui cerca in tutti i modi a screditare la vita devota. I Santi hanno avuto la stessa esperienza e perciò Filotea deve farsi coraggio “per dirti che i più grandi servi di Dio sono soggetti a queste burrasche; e noi piccoli tra tutti, non dobbiamo meravigliarci se qualche cosetta capita anche a noi”.

Riflessioni e fotografie di Manuel Camilleri

Manuel a Sliema (foto di Joe Boenzi)


Tuesday, December 6, 2011

Sulla verità, sui divertimenti, sul matrimonio

La Filotea Parte Terza, Capitoli 30-41
Gruppo in lingua italiana: 
Emmanuel Camilleri, con Gabriel Stawowy

Emmanuel Camilleri e Gabriel Stawowy
5 dicembre 2011

Nel capitolo 30, il Santo continua a dare consigli sul parlare. Lui suggerisce che il parlare sia “pacato, schietto, sincero, senza fronzoli, semplice e veritiero. Tienti lontano dalla doppiezza, dall’astuzia e dalle finzioni”. Non è mai lecito dire le bugie, e non ci sono scuse per dirle. Dio è Dio della verità. Se uno dice una bugie senza essere cosciente del fatto, allora si deve chiedere scusa perchè “le scuse sincere hanno più delicatezza e più forza convincente per scusarci di qualunque menzogna”.

Ci sono, comunque, delle circostanze serie nel quale è permesso “con prudenza e discrezione, alterare e nascondere la verità con un giro di parole”. Ma questo quando c’è la certezza che quello che si fa lo si fa e richiesto per la gloria di Dio e verso il suo servizio, fuori da queste circostanze “i giri di parole o le astuzie verbali sono pericolose perché, come dice la Parola di Dio, lo Spirito Santo non abita in un’anima falsa e doppia”. Il Santo raccomanda anche di camminare con semplicità perchè così si avanza con fiducia. Ma la menzogna, la doppia faccia e la simulazione sono segno di uno spirito debole.

Il Santo non chiede a Filotea di non parlare o di parlare poco, ma di non dirne inutili parole perchè quello che è importante non è tanto la quantità delle parole ma la qualità. Secondo il Santo savioardo “bisogna evitare i due estremi: darsi troppo un contegno sostenuto e severo, rifiutandosi di partecipare alla conversazione familiare, il che mi sembra che denoti mancanza di fiducia e anche un certo disprezzo degli altri; d’altra parte il ciarlare e il cicalare senza soste, senza mai lasciare spazio agli altri per dire una sola parola, sarebbe segno di leggerezza e insulsaggine”. Suggerisce anche di non parlare nell’orecchio di qualcuno in presenza di altri per non dare spazio al sospetto.

Nei divertimenti semplici, si usa la misura giusta
San Francesco poi passa per parlare dell’importanza di rilassare lo spirito e il corpo. Non dobbiamo essere rigidi con noi stessi che non permettiamo nè a noi stessi nè agli altri alcun genere di divertimento. Questo è sicuramente un vizio! I divertimenti semplici come un passeggiata, andare a caccia, suonare uno strumento, sono tutti onesti. Basta che si usa la misura giusta e di non esegerare. Questo vale anche per i giochi onesti nei quali la vittoria “premia e ricompensa la destrezza e l’inventiva del corpo e dello spirito”. Si deve sempre guardarsi dagli eccessi. Qui è il segreto per una vita bilanciata. Non si deve andare in eccesso nel tempo impegnato, nei soldi spesi altrimenti diventa un “occupazione” più che un divertimento. In questo caso “non ne traggono giovamento né lo spirito, né il corpo, anzi alla fine ti troverai stordito e stanco”. Non si deve prestare il proprio affetto a nessun gioco perchè “metterci dentro il cuore e il proprio affetto è sempre male! Non dico che non si debba provar piacere mentre si gioca, non sarebbe più un divertimento, ma ti dico di non impegnarci il cuore per desiderarlo, perderci tempo e agitarti”.

Ci sono dei giochi che, secondo il nostro Santo, sono proibiti. Questi sono quei giochi dove “la vittoria dipende più dalla fortuna che altro”. Questi sono anche pericolosi. Ma dov’è tutto questo male? In questi giochi non è la ragione che dà la vittoria ma il caso, cioè vince quello che non merita di vincere. In questo caso la ragione è umiliata. In oltre, questi giochi “hanno il nome di divertimenti e sono fatti per questo; e invece proprio non lo sono, ma sono soltanto occupazioni a tempo pieno”. Lui riferisce qui per i giochi dei dadi e delle carte. In più questi giochi creano un tensione e perciò non son divertenti perchè temgono lo spirito caricato e teso “da un’attenzione continua, e agitato da insistenti inquietudini, ansie e paure”. Durante questi giochi non “si può parlare, non si può ridere, nemmeno tossire, altrimenti i giocatori si stizziscono”. Poi sembra che non c’è mai gioia se uno non vince. Questi giochi spingono l’individuo di desiderare sempre a vincere. Poi se uno vince lo fa a scapito del compagno. Questi soni le ragioni perchè questi giochi sono proibiti.

Divertimenti semplici: una passeggiata a Point Reyes sul Pacifico
Ci sono anche passatempi che sono leciti ma periolosi. È vero che di natura loro, i balli e le danze sono indifferenti. Ma se diventino un abitudine si “manifesta una forte inclinazione e tendenza al male. Per tale motivo costituiscono sempre un certo pericolo”. Certi balli sono pericolosi perchè aprono le porte per le tentazione. Magari vediamo che c’è un ballo che è bello e migliore. Questi tipi di balli sono da evitare. Ma ci sono delle volte che non possono evitare. In questo caso se si trova in una situazione per cui non le è possibile trovare plausibili giustificazioni per dispensarsi dal ballo, Filotea deve curare che la danza sia ‘ben preparata’. E con che cosa si prepara? Con “modestia, dignità e retta intenzione”.

Il Santo passa ad avvertire in che modo possono affettuare l’anima questi balli. Usa i funghi come paragone. I funghi assorbono tutto quello che velenoso intorno a loro. Nello stesso modo “I balli, le danze e simili riunioni equivoche ordinariamente assorbono tutti i vizi e i peccati che dominano in un ambiente: le dispute, le invidie, le beffe, gli amori folli. Allo stesso modo che il ballo apre i pori del corpo di coloro che vi si impegnano, contemporaneamente apre anche i pori del cuore; per cui, se qualche serpente, approfittando dell’occasione, viene a sussurrare qualche parola lasciva all’orecchio, qualche corteggiamento, qualche moina, o addirittura qualche basilisco viene a gettare sguardi impudichi, occhiate d’amore, i cuori sono molto arrendevoli e si lasciano facilmente conquistare ed avvelenare”. Dopo i balli che Filotea non può evitare per qualche motivo, lei è invitata a fare “qualche santa e buona riflessione, per bloccare le impressioni pericolose che il piacere che hai provato potrebbe aver risvegliato nella tua anima”. Filotea è invitata a pensare un pò cosa stav succedendo quando lei ballava. È un esercizio più che altro per mantenere l’anima sulla guardia e anche su ogni eventualità che può succedere a lei se si dà dentro i balli. Lei deve avere sempre lo sguardo sull’eternità.

Giocare e danzare, secondo Francesco, sono leciti quando si fanno per divertimento e non per affetto e devono essere per un breve tempo. Ma quando si può giocare e danzare? “...gioca e danza alle condizioni che ti ho indicato, quando te lo consiglieranno la prudenza e la discrezione per accondiscendere e far piacere all’onesta compagnia nella quale ti troverai; la condiscendenza è figlia della carità e come tale rende buone le azioni indifferenti e permesse quelle pericolose”. Facendo così, la Filotea riesce perfino a togliere la malizia in quei giochi, cioè a darli un svolta differente.
Francesco poi passa a parlare della fedeltà nelle occasione piccole e grandi. Comincia a dare via all’argomento dagli occhi. Perché? Essi sono, secondo lui, “nessuna è più nobile dell’occhio, sia per la sua perfezione come organo, sia per la sua attività; e niente è più trascurabile di un capello”. Lo Sposo Divino vuole che noi capiamo che non gli sono accette solo “le opere importanti dei devoti, ma anche le minori e quelle che sembrano di nessun conto”. Lui sarà contento se noi lo serviamo nelle piccole e nelle grandi cose. Questo significa che Filotea deve essere preparata a soffrire grandi afflizioni per il Singore a decidersi di fargli dono di quanto hadi più prezioso “sempre che si degni di accettare: padre, madre, fratello, marito, moglie, figli, i tuoi occhi e la tua vita; a tutto ciò devi preparare il cuore”.

Quando la Divina Providenza ci manda afflizioni acute e pesanti non ci chiede l’occhio! Ma almeno noi li dobbiamo dare i capelli! Francesco vuol dire di sopportare “con dolcezza le piccole offese, gli inconvenienti insignificanti, quelle sconfitte da poco sempre all’ordine del giorno; per mezzo di tutte queste piccole occasioni, usate con amore e direzione”, conquisteremo totalmente il cuore del Singore e lo faremo nostro. Come usiamo con amore gli afflizioni? “I piccoli gesti quotidiani di carità, un mal di testa, un mal di denti, un lieve malessere, una stranezza del marito o della moglie ... a farla breve, tutte le piccole contrarietà accettate e abbracciate con amore fanno infinitamente piacere alla Bontà divina, che, per un bicchiere d’acqua, ha promesso il mare della felicità completa ai fedeli; e siccome queste occasioni si presentano in continuazione, servirsene bene è un mezzo sicuro per accumulare grandi ricchezze spirituali”.

Dobbiamo dare importanza alle occasioni piccole
Le occasioni grandi per servire Dio si presentano raramente nella nostra vita. Ecco perché dobbiamo dare importanza anchè alle cose e occasioni piccole perché queste si presentano più spesso e quotidianamente. Se siamo fedeli nelle piccole cose, saremo anche fedeli nelle grandi e perciò avremo più responsabilità. In tutto, è importante fare la volontà Divina: “Sia che tu mangi, sia che tu beva, sia che tu dorma, sia che ti diverta, sia che tu giri lo spiedo, purché tu porti avanti bene le tue faccende, trarrai sempre grande profitto al cospetto di Dio, perché fai tutte le cose che Dio vuole che tu faccia”.

La ragione donata a noi da Dio ci fa diversi dagli animali. Questo dono della ragione ci guida, allora, ad essere giusti e ragionevoli. Ma, purtroppo, molti non usano la ragione. Questo sarebbe “perché l’amor proprio abitualmente offusca la ragione, e insensibilmente ci conduce a mille generi di ingiustizie e cattiverie, piccole sì, ma pericolose, che, come le piccole volpi di cui parla il Cantico dei Cantici, distruggono le vigne: essendo piccole nessuno ci fa caso ma siccome sono numerose, producono seri danni. ‘Non pensare che quello che ora dirò siano cattiverie e discorsi senza fondamento”. Molte volte accusiamo gli altri e perdoniamo noi stessi per ancanze più grandi. Sembra, in qualche occassione, che noi abbiamo due cuori “ne abbiamo uno dolce e cortese per noi, e uno duro, severo, intransigente per il prossimo. Usiamo due pesi: uno per pesare le nostre comodità, caricando il più possibile, l’altro per pesare quelle del prossimo, alleggerendo più che possiamo. La Scrittura dice che le labbra ingannatrici hanno parlato in un cuore e in un cuore: con ciò vuol dire che hanno due cuori; avere due pesi: uno forte, per riscuotere e un altro leggero, per pagare, è cosa abominevole davanti a Dio”.

Il Santo invita la Filotea di essere costante e gusta nelle sue azioni. Si deve mettersi al posto del prossimo e mettere lui al suo. In questo modo essa può giudicare rettamente. Le suggerisce “quando compri fa la venditrice e quando vendi fa la compratrice e vedrai che riuscirai a vendere e comprare secondo giustizia”. È vero, sono piccole ingiustizie, ma non c’è nessuna scusa per correggerci. Spesso dobbiamo eseminare il cuore “per vedere se verso il prossimo si comporta” come vorremo che si comportasse lui nei nostri confronti se noi fossimo al suo posto; “qui sta la ragionevolezza”.

Nel capitolo seguente parla dei desideri. Invita a tenersi lontani dai desideri di cose viziose perché il desiderio del male ci rende cattivi. Lui aggiunge di “non desiderare le cose che sono pericolose per l’anima, come i balli, i giochi e i passatempi in genere; non desiderare le cariche e gli onori, nemmeno le visioni e le estasi, perché in queste cose c’è un grave pericolo di vanità e di inganno. Non desiderare le cose molto lontane nel tempo, ossia che per lungo tempo non potranno capitare, cosa che fanno molti stancando ed impoverendo inutilmente i loro cuori; per di più si mettono in una situazione di continua agitazione”. Se un giovane desidera un incarico che ancora non può avere, quel desiderio non gli serve a niente; è un desderio inutile. Questi desideri occupano il posto di altri desideri che dobbiamo avere e cioè la pazienza, la rassegnazione, la mortificazione, l’obbedienza, la dolcezza verso le nostre sofferenze. E quello che Dio vuole da noi nel momento presente!

Ognuno è chiamato a vivere la sua propria vocazione. Non ha alcun senso desiderare un altra vita di un altro genere diversa dalla sua. Ciò “distrae il cuore e lo rende fiacco per i doveri che gli sono propri... Non vorrei nemmeno che si desiderassero i mezzi che non si hanno per servire Dio. Questo per i desideri che distraggono il cuore; quanto invece al semplice augurio, non porta alcun danno; l’importante è che non sia troppo insistente”.

Sotto la guida del direttore spirituale, Filotea deve cercare di scegliere tra tanti desideri quelli che può attuare e portare a compimento nel momento presente. Su questi di deve impegnarsi molto e non correre dietro is sogni. Chiede a Filotea di non “accantonare nessun genere di desideri” ma di “metterli in ordine”. Ci saranno dei desideri che desideriamo ottenere. Su questi scrive che se non si può realizzare ora di metterli “da parte, in un angolino del tuo cuore, fino a che non giunga il loro momento; nel frattempo realizza quelli che sono maturi e di stagione. Quello che dico non vale soltanto per i desideri spirituali, ma anche per quelli del mondo: se non riusciamo ad agire in questo modo saremo sempre anime inquiete e nell’affanno”.

Filotea si decide di portare a compimento il dovere del momento attuale
Il Santo volge poi lo sguardo verso le persone sposate. Il matrimonio, essendo un grande sacramento, dev’essere onorato da tutti e in tutti: “Da tutti, perché anche le nubili devono onorarlo con umiltà; in tutti, perché è ugualmente santo tra i poveri e tra i ricchi; nella sua totalità, perché la sua origine, il suo fine, i suoi vantaggi, la sua forma e la sua materia sono santi”. Il Matrimonio dovrebbe essere protetto da tutti “perché è l’origine e la sorgente di tutti i ruscelli che le danno vita”. Anche nella vita matrimoniale c’è un invito alla santità. Questo avviene dall’amore reciproco degli sposi reciproco “che lo Spirito Santo tanto insistentemente raccomanda loro nella Scrittura”. Ma il loro amore dev’essere come l’amore dello Sposo Divino: “Sposi cari, se vi amate reciprocamente soltanto di amore naturale, non fate gran che: anche le coppie di tortore si amano così. Se vi amate di un amore umano, non aggiungete gran che: anche i pagani si amavano in tal modo. Ma io vi dico con il grande Apostolo: Mariti, amate le vostre mogli come Gesù Cristo ama la sua Chiesa; mogli, amate i vostri mariti come la Chiesa ama il suo Salvatore”.

È stato il Signore Dio a presentare Eva ad Adamo. Queto fà dall’amore tra i due un amore santo, sacro e divino. Da qui escono allora tre effetti di questo amore: “Il primo effetto di questo amore è l’unione indissolubile dei vostri cuori...Dio unisce l’uomo e la donna con il proprio sangue; ecco perché questa unione è così forte che sarà più facile che l’anima si separi dal corpo che il marito dalla moglie. Questa unione va intesa in primo luogo riferita al cuore, all’affetto, all’amore e non al corpo”. Il secondo effetto di questo amore “deve essere la fedeltà inviolabile di uno per l’altra ... La Chiesa, tramite il sacerdote, benedice un anello e in primo luogo lo consegna all’uomo, per significare che in questo modo marca e sigilla il suo cuore con questo Sacramento, perché in esso non entri mai più il nome o l’amore di un’altra donna, finché vivrà colei che gli è stata data; poi lo sposo mette l’anello nella mano della sposa perché anche lei sappia che mai più in seguito il suo cuore dovrà accogliere affetto per un altro uomo diverso da quello che il Signore le ha dato, finché vivrà su questa terra”. Infine, il terzo frutto o effetto del matrimonio è la generazione dei figli, la legittima generazione, e la loro crescita: “Voi, sposi, godete di un onore molto grande, giacché Dio, volendo Moltiplicare le anime che lo lodino e lo benedicano per l’eternità, vi ha scelto per cooperare a un così grande disegno, affidandovi la generazione dei corpi nei quali egli fa scendere come gocce celesti le anime che crea appositamente per infonderle in quei corpi”.

Per questo i mariti devono rispettare le loro mogli e nutrirle di un amore tenero, costante e profondo. Quando la donna si sente debole in corpo o in spirto questo non dovrebbe creare nell’uomo qualche risentimento ma “una dolce e amorevole comprensione, perché è Dio che le ha create così”. Le donne devono amare i mariti con tenerezza e cordialità perchè loro sono stati dati in dono da Dio. Insiste molto sull’amore reciproco e di combattere la gelosia: “capita spesso che le mele più delicate e più mature abbiano il verme; la stessa cosa può capitare tra gli sposi: dall’amore più ardente e premuroso può nascere il verme della gelosia che guasta e fa marcire tutto. Comincia con le discussioni, poi le discordie e infine le divisioni. La gelosia non potrà mai entrare dove c’è un’amicizia reciproca fondata sulla virtù sincera; infatti la gelosia è segno di un amore sensuale e che cresce dove trova una virtù manchevole, incostante e diffidente”. Come esempio e modelli per loro devono guardare i Santi e le Sante sposati o sposate perché “L’amore e la fedeltà unite insieme generano sempre libertà e confidenza; ecco perché i Santi e le Sante nel matrimonio hanno usato di molte reciproche carezze, carezze piene d’amore, ma caste; tenere, ma sincere”.

San Francesco suggerisce di celebrare l’anniversario del matrimonio, una abitudine usata già al tmepo di San Gregorio Nazianzeno. Introdurla però nella perspettiva giusta purché “non fosse la copertura per divertimenti mondani e sensuali, ma che i mariti e le mogli, confessati e comunicati in quel giorno, raccomandassero a Dio, con un fervore più intenso che d’abitudine, il progresso del loro matrimonio, e rinnovassero i buoni propositi di santificarlo sempre più con un’amicizia e una fedeltà reciproca; sarebbe il modo di riprendere fiato in Nostro Signore per sopportare sempre meglio il peso della loro vocazione”.

Sposi novelli, John e Megan, 2011

Questo amore porta ad esercitare l’onestà nel letto martimoniale il quale dev’esser immacolato “ossia non contaminato da impudicizie e altre innominabili brutture”. Il Santo fa un paragone tra il piacere nel mangiare e il piacere sessuale: i due hanno a che fare con la carne. Dopo aver dato dei punti come paragone, egli dice che in verità “il rapporto matrimoniale che di natura sua è così santo, giusto e raccomandabile, tanto utile alla società, in certi casi può diventare pericoloso per gli interessati; sì, perché qualche volta rende le loro anime molto malate di peccato veniale, questo con i semplici eccessi;(come si può far male con il cibo eccessivo) ma qualche altra volta le fa addirittura morire con il peccato mortale, come quando viola e perverte l’ordine naturale stabilito per la generazione dei figli, nel qual caso, in proporzione alla gravità della violazione di quell’ordine, i peccati, sempre mortali, possono risultare più o meno esecrabili. Siccome la procreazione dei figli è il primo e principale fine del matrimonio, non ci si può mai scostare dall’ordine da esso richiesto, anche se per causa di qualche altra circostanza non dovesse essere conseguito: esempi, la sterilità o la gravidanza in corso, nei quali casi evidentemente non c’è procreazione; in tali circostanze il commercio corporale non cessa di essere giusto e santo, sempre che siano osservate le regole per la generazione, perché nessuna circostanza potrà mai togliere valore alla legge imposta dal fine principale del matrimonio”.

Dopo una relazione matrimoniale avvenuta nel letto, il Santo suggerisce di purificarsi i cuori per “non rimanere impantanati col cuore nelle sensualità e nei piaceri provati secondo la loro condizione; ma una volta passati, bisogna lavarne il cuore e gli affetti, purificarsi il più presto possibile, per potere in seguito, in libertà di spirito, affrontare le altre azioni più pulite ed elevate del proprio stato”.


Poi passa parlare di quelli che hanno avuto l’esperienza del matrimonio ma che ora si sono trovati vedovi. La vedova “deve essere non soltanto vedova di corpo, ma anche di cuore, ossia deve aver deciso, con una ferma risoluzione, di mantenersi nello stato di una casta vedovanza”. Lui dice che le vedove che hanno intenzione di risposarsi sono separati dagli uomini solo in corpo, ma non nella loro intenzione. Le vedove vere che desiderano rianare tale, possono fare un voto per sentirsi più stabili. Una vedova, offrendo il suo cuore con un voto a Dio “il suo corpo e la sua castità, aggiungerà un bell’ornamento alla vedovanza e metterà al sicuro la sua decisione”. Il voto di rinunciare alle nozze, dev’essere fatto senza secondi fini e con semplicità “per rivolgere con maggiore purezza tutti i propri affetti a Dio, e unire il proprio cuore, con tutte le sue parti, a quello della divina Maestà; anche il desiderio di lasciare ricchezze ai figli o qualche altro progetto urnano, può offrire alla vedova motivo di rimanere nella vedovanza, e probabilmente ne riceverà anche lodi, ma non davanti a Dio, giacché davanti a Dio niente può ricevere lode autentica se non è fatto per Lui”. Infine, una vedova vera, dev’essere pronta a distaccarsi dalle gioie del mondo e privarsene volontariamente. Non si deve pretendere d’essere vedova e poi cerca i corteggiamenti; dev’essere veramente vedova nel cuore e nel corpo.

La vedova che ha ancora figli bisognosi di lei e della sua guida e formazione, non può abbandonarli per distaccarsi dal mondo; per nessuna ragione lei smette di essere madre per loro, di nutrire le loro anime con sapienza e amore. Nel caso che i figli sono ormai indipendenti e possono badare a loro stessi allora “la vedova deve raccogliere tutti i suoi affetti e pensieri per impegnarli più puramente al suo avanzamento nell’amore di Dio”. Lei è invitata a non immischairsi nelle vicende legali e se è chiamata per questo lo fa con un metodo pacifico. È invitata alla preghiera siccome ora deve nutrire amore solo per Dio perché il marito non c’è più. Essa cerca anche di praticare le virtù, le propie virtù della vedova, cioè “il totale riserbo, la rinuncia agli onori, al rango, alle riunioni, ai titoli e simili vanità; il servizio dei poveri e degli ammalati, la consolazione degli afflitti, l’iniziazione delle ragazze alla vita devota, e quella di rendersi un perfetto esempio di ogni virtù per le giovani donne”. La pulizia e la semplicità siano i due elementi che la guidano nel vestirsi; la carità e l’umiltà guidano le sue azioni; l’onestà e il tratto gentile guidano le sue conversazioni; il riserbo e la pudicizia, guidano i suoi occhi. Infine, lei gurada Gesù Cristo Crocifisso come il suo unico amore del suo cuore.


Un ultima parola è rivolta alle vergini. Se loro aspirano per il matrimonio, devono conservare il loro amore per il primo marito. Non li deve offrire un cuore “già usato, adulterato e consumato nell’amore”. Questo sarebbe un inganno. Ma se loro hanno l’intenzione di consacrarsi totalmente al Signore dove trovano la loro felicità delle verginali nozze spirituali allora devono conservare “l’amore nel modo più delicato possibile, per lo Sposo divino che, essendo la Purezza incarnata, nulla gradisce quanto questa virtù. A Lui dobbiamo tutte le primizie, ma principalmente quelle dell’amore”. In ogni caso, esse sono invitate a cercare una guida sotto la quale condotta loro possono santamente consacrare il loro cuore e il loro corpo alla Divina Maestà.

Testo: Manny Camilleri
Fotografie di Joe