Sunday, December 11, 2011

Consigli opportuni contro le tentazioni


La Filotea, Parte Quarta
Contiene i consigli opportuni contro le tentazioni più correnti

Gruppo di lingua italiana: Manuel Camilleri
12 dicembre 2011

Quando uno decide di seguire e di vivere una vita devota, troverà di sicuro delle persone che non sono d’accordo con questa decisione. Alcuni anche cercerano di dissuadere la persona che ha preso tale decisione. Torverà anche quelli che sono “più arrabiati” degli altri; saranno questi a fare la guerra più dura contro l’anima perchè essi “daranno al tuo cambiamento il nome di ipocrisia, di bigotteria, di tradimento; diranno che il mondo ti ha voltato le spalle ed allora ti sei consolata volgendoti a Dio”. Gli amici poi cominceranno a rimproverare la persona per la decisione presa, e lo fanno, apparentemente, con tanta carità. Loro sanno già che la persona diventerà triste, perderà credito di fronte alla gente, sarà insopportabile, invecchierà prima del tempo e poi “le cose di casa tua andranno a rotoli; ti ricorderanno che bisogna vivere nel mon do stando alle sue regole, che l’anima si può salvare anche senza tante storie; e simili sciocchezze”.

Tutti questi commenti sono “chiacchiere stupide e inutili” e Filotea li deve considerare come tale. A questa “brava” gente non importa niente della salute dell’anima di Filotea. È tutto superficiale quello che dicono. Come dice il Singore, siccome Filotea non è del mondo e non vuole essere del mondo, il mondo la odia. Queste parole, comunque, li devono dare forza. La ente è preoccupata per una persona che decidere di vivere una vita devota, ma non si preoccupa di quelli che la buttano facendo delle cose mondane! “Chi non si accorge subito che il mondo è un giudice ingiusto? Gentile ed accomodante con i suoi figli, ma duro e senza pietà per i figli di Dio”. Sembra che per andare genio con il mondo si deve andare a braccetto con lui. Poi il mondo non si accontenta lo stesso. L’esempio ce lo dà il Signore quando riferendo a Giovanni il Battista che è venuto e “non mangia e non beve e voi dite che ha il diavolo; è venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve e voi dite che è un samaritano”. In tutte le cose che farà, Filotea può essere certa di essere sempre criticata, nel bene o nel male. Il mondo è cieco ecco perché non capisce le azioni nostre Filotea. Allora “lasciamo perdere questo cieco: lascialo urlare finché non si stancherà, come fa il barbagianni per spaventare gli uccelli del giorno. Restiamo fermi nei nostri propositi, sarà la perseveranza a dimostrare che è sul serio e con sincerità che ci siamo votati a Dio e incamminati nella vita devota”. Se il mondo ci considera pazzi perché percorriamo la vita devota, noi lo consideriamo matto!

Restiamo fermi nei nostri propositi (Lunzjata)
In tutto questo è necessario farsi coraggio. Perché? Perché scegliendo la vita devota, all’inizio sembra come un disorientamento perché è una cambiamento interiore che incide su tutta la vita. Non è facile dire addio ad una vita passata ma Francesco invita Filotea: “tu rimanga seriamente sconvolta e questo addio totale alle follie e alle stupidità del mondo, ti causi qualche momento di sofferta tristezza e di scoraggiamento. Se dovessi trovarti realmente in simile situazione, abbi un po’ di pazienza, te ne prego: vedrai che non è nulla!” Dopo che questo momento di disorientaento passerà, Filotea avrà molta consolazione nella vita nuova che ha scelto.

Fà un paragone con una montagna che richiama l’esperienza dei mistici – la salita – e che non è una salita facile: “Ora ti accorgi che la montagna della perfezione cristiana è terribilmente alta: dirai, Dio mio, e come ci arriverò? Coraggio, Filotea, quando le larve delle api cominciano a prendere forma si chiamano ninfe; non sanno ancora volare sui fiori, né sui monti, né sulle colline, per raccogliere miele; ma piano piano, nutrendosi del miele preparato dalle api anziane, quelle piccole ninfe mettono le ali e si fortificano, e così in seguito potranno volare ovunque, alla ricerca del miele”. E vero che di fronte a questa montagna noi siamo delle piccole larve, ma riusciamo a salire secondo il nostro ritmo, secondo le nostre possibilità, secondo il nostro progetto.

Ora il nostro Santo prepara la Filotea per essere pronta alle battaglie, specialmente alle battaglie che ci vengono addosso dalle tentazioni.

Satana, il mondo e la carne, faranno di tutto per tentare la Filotea. Essi vedendo un’anima “sposa al Figlio di Dio, le mandano tentazioni e suggerimenti”. Questi tentazioni cominciano sempre con un invito. L’anima poi trova o non trova piacere in questo e in fine lo accetta accetta o lo rifiuta. Questi sono i tre gradini del peccato che e’ vero che “non sempre è facile distinguerli chiaramente in ogni genere di peccato, ma sono molto evidenti e distinti concretamente nei peccati di chiara gravità”. Il Santo cerca di fare dei chiarimenti per la Filotea. La tentazione in se’ non e’ un peccato; e quando si ci acconsente che diventa peccato: “Anche se la tentazione ad un peccato ci tormentasse tutta la vita, non potrebbe renderci sgraditi alla divina Maestà; l’essenziale è che non ci piaccia e che non acconsentiamo. Il motivo è che nella tentazione noi non siamo attivi, ma passivi, e siccome non proviamo alcun piacere, non possiamo essere colpevoli”.

Un invito al coraggio (Lunzjata, 27 febbraio 2011)

La Filotea è invitata ad essere molto coraggiosa specialmente quando è afflitta da tentazioni. Non si deve sentirsi mai vinta finché la disgustano “tieni sempre presente la differenza che c’è tra sentire e acconsentire; è possibile sentirle pur continuando a provarne dispiacere, ma invece non è possibile acconsentire senza provare piacere in esse; il motivo è presto detto: il piacere è il gradino al consenso”. I nemici possono attaccarsi da tutte le parti e in tanti modi ma “finché da parte nostra saremo decisi a rifiutare, non e possibile che offendiamo Dio”. San Francesco ricorda alla Filotea che nella nostra anima ci sono due poli opposti che sono in lotta fra di loro. Quando lui riferisce alla parte superiore dell’anima si riferisce alla ragione. Con la ragione possiamo arrivare alla conclusione quanto le tentazioni possono farci del male. Allora si deve anche fare la distinzione fra il consenso involontario e quello volontario.

Il Santo delle anime poi passa a dare due esempi con i quali Filotea possa capire di più questo argomento delle tentazioni. Prende l’esempio di un giovane di cui parla San Girolamo che tentato da una donna malfatta, egli resite la tentazione, anche se è preso da sensazioni nel suo corpo. Poi racconta la storia di Santa Caterina di Siena che ha avuto una grande tentazione nel suo cuore contro la castità. Ama Dio che si trovava lì, nel suo cuore, anche se il suo cuore era pieno d’oscenità. Il Signore non l’ha abbandonata. Ecco perché lei ha vinto la tentazione. Filotea deve avere coraggio da queste due esperienza e essere anche consapevole che Dio è nel suo cuore: “Quale sconforto per un’anima che ama Dio, non sapere nemmeno se Egli è in lei o meno e se l’amore divino, per il quale lotta, è completamente spento in essa o no! Ma è l’apice della perfezione dell’amore celeste far soffrire e lottare l’amante per amore, senza sapere se possiede quell’amore per il quale e per mezzo del quale lotta!”.

Se Filotea si trovasse presa da una grande tentazione, le deve sapere che Dio la vuole favorirla in un modo speciale e renderla più vicino al Suo cospetto. Ma Filotea dev’essere sempre in guardia e rimane umile. Vincendo le grandi tentazioni non è una garanzia che essa può vincere le più piccole. Essa deve rimanere fedele alla Maestà divina. Infine, Filotea deve avere coraggio nella consapevolezza che finché “nel nostro cuore c’è il movimento del rifiuto, stiamo pur certi che la carità, vita delle nostre anime, vive in noi, e Gesù Cristo nostro Salvatore dimora nelle nostre anime anche se nascosto in un angolo. E così, con l’esercizio assiduo dell’orazione, dei sacramenti e della fiducia in Dio, le nostre forze ritorneranno e con esse la nostra vita piena e piacevole”.

Con l'orazione, con i sacramenti, con fiducia in Dio, troviamo la forza

In che modo la tentazione e la dilettazione possono essere peccato? Come già accennato, il Santo insiste che il libero consenso alle tentazioni li rende peccato. Può anche capitare che una sola tentazione ci mette nel peccato perché ne siamo la causa. Egli fa degli esempi: “so che se gioco, mi adiro facilmente e bestemmio e che il gioco mi è di trampolino a quei peccati: io pecco tutte le volte che gioco e sono colpevole di tutte le tentazioni che mi capiteranno nel gioco. Così pure, se so che certe conversazioni mi portano alla tentazione e alla caduta, e io mi ci metto ugualmente, senza dubbio sono colpevole di tutte le tentazioni che vi incontrerò”. E anche per la dilettazione che quanto essa deriva dalla tentazione “può essere evitata, accettarla è sempre peccato nella misura che il piacere che ci si trova e il consenso che le si dà è più o meno pieno, persistente nel tempo o solo di breve durata”. La volontà ah un ruolo importante nel decidere, con onestà, se Filotea ha accettato la tentazione che diventa peccato. Questo vale per quelle occasione quando c’era la possibilità di evitare la stessa occasione o almeno quando era prevista: Ma se non ha offerto alcun appiglio alla tentazione, in nessun modo essa può essere imputata a peccato. La dilettazione verso la tentazione e che ne segue dev’essere evitata. Se c’era la possibilità di evitarla e questo non è avvenuto, allora “in qualche modo il peccato è sempre presente secondo che ci si è soffermati poco o molto, e secondo il motivo che ha dato origine al piacere che vi abbiamo provato”. Quando volontariamente e deliberamente decidiamo di godere il paicere che viene dopo la tentazione, è peccato grave.

I rimedi per le tentazioni gravi? “Appena avverti in te qualche tentazione, fa come i bambini quando scorgono il lupo o l’orso in campagna; si precipitano immediatamente tra le braccia del papà o della mamma e se non possono fare altro, strillano chiamandoli in aiuto. Similmente ricorri a Dio, chiedendogli la sua misericordia e il suo aiuto; è il rimedio che ci insegna Nostro Signore: Pregate per non entrare in tentazione”. Se la tentazione persiste, Filotea è invitata a correre verso la Croce “come se tu vedessi realmente davanti a te Gesù crocifisso; protesta che non cederai mai alla tentazione e chiedigli aiuto contro la stessa; finché la tentazione rimarrà, tu insisti nel protestare che mai cederai... non guardare in faccia la tentazione; guarda soltanto Nostro Signore; se tu dovessi guardare la tentazione, soprattutto nei momenti di maggiore intensità, il tuo coraggio potrebbe anche vacillare”.

Il rimedio più sicuro contro le tentazione e di aprirsi al direttore spirituale, aprire il cuore a lui perché la prima condizione che il diavolo pone nelle tentazioni è di rimanere in silenzio “esattamente come fanno quegli uomini che tentano di sedurre le donne e le ragazze; per prima cosa impongono loro di non farne parola con i papà e con i mariti: tutto diverso è il modo di agire di Dio; nelle sue ispirazioni ci chiede di farlo sapere subito a chi ha la nostra responsabilità e ai direttori spirituali”. Se la tentazione si ostina a tormentarci, noi dobbiamo essere più ostinati d’essa nel protestare di non voler consentire “perché, come le ragazze non possono essere date a marito finché dicono di no, così l’anima, per quanto turbata, non sarà ferita finché dice di no!”. Non si deve discutere con il nemico dell’anima ma soltanto mandarlo via con forza come quella usata da nostro Singore stesso: “Vai via Satana!”

Non discutere con il nemico dell'anima

Non basta resistere alle tentazioni grandi; si deve resistere anche a quelle piccole. Combattere le grandi tentazioni ci darà una vittoria che ci sarà molto utile. Tuttavia i tragga maggior profitto e ci sarà di molto aiuto. Il motivo è chiaro: le prime sono grandi e i secondi sono molte “di modo che si può dire che la vittoria su queste equivale alla vittoria su quelle”. I lupi e gli orsi sono più grandi e più pericolosi dalle mosche. Ma quando le mosche ci attaccano incessantemente vincano di più sulla nostra pazienza! Il Santo dà degli esempi per ampliare questo paragone; “È facile” scrive “non essere assassini, ma molto difficile evitare le piccole collere che trovano continuamente occasioni. È abbastanza facile per un uomo e una donna non cadere in adulterio, ma non altrettanto facile impedirsi le occhiate, innamorarsi o fare innamorare, procurare emozioni e piccoli piaceri, dire e ascoltare parole di civetteria”.

Le piccole tentazioni, purtroppo, sono già molto avanzate in quelle persone che sono già più incamminati nella vita devota e che sono più risoluti “Ecco perché, cara Filotea, è necessario che ci prepariamo con grande cura e diligenza a questo combattimento; ...sostengo che, in attesa di lottare bene e con valore, contro le grandi tentazioni, se verranno, nel frattempo difendiamoci bene da questi piccoli e deboli attacchi”. Come rimediare a tali tentazioni, cioè a quelle piccole?

“Quanto alle piccole tentazioni di vanità, di sospetto, di tristezza, di gelosia, di invidia, di passioncelle e simili trabocchetti che ... non ci è dato di liberarci completamente dal loro fastidio; la migliore resistenza che si possa loro opporre è di non innervosirci; allo stesso modo, le piccole tentazioni possono darci molto fastidio, ma non possono nuocerci, purché ci sia sempre in noi la ferma decisione di servire Dio.” Inoltre, Filotea non li deve ascoltare; non valgano neanché un pensiero. Se persistono, lei deve fare atti contrari, specialmente nell’amore verso Dio. La virtù opposta per combattere le tentazione sarebbe di accettare il confronto dopo il qulae, Filotea è invitata a ritornare ai piedi di Gesù crocifisso e bacarli i piedi; è il mezzo “migliore per vincere il nemico, tanto nelle piccole tentazioni come nelle grandi: l’amore di Dio contiene in sé tutta la perfezione di tutte le virtù; per questo è il rimedio migliore contro tutti i vizi... è così temibile per il maligno, il quale quando si accorge che le sue tentazioni ci spingono all’amore di Dio, smette di tentarci”.

Come fortificare il cuore contro le tentazioni?

Come fortificare il cuore contro le tentazioni? Filotea è invitata ogni tanto a dare uno sguardo alla sua anima per vedere quali sono le passioni che più la spadroneggiano. Una volta scoperte, dice il Santo, le deve impostare la sua vita in modo esattamente contrario nei pensieri, nelle parole, nelle azioni. Come di consueto, egli dà degli esempi pratici per non lasciare il discorso tra le nuovle: “se ti senti portata alla passione della vanità, pensa spesso alla miseria di questa vita terrena, quanto queste vanità peseranno sulla coscienza nel giorno della morte, quanto siano indegne di un cuore generoso. Pensa che sono soltanto giochi e divertimenti per bambini, e altre simili riflessioni”. Poi deve anche compiere molti atti di abiezione e di umiltà in questo modo si abituerà all’umiltà e indebolirà la vanità; di modo che, quando giungerà la tentazione, la sua inclinazione non le sarà più di appoggio e avrà più forza per combatterla.

Il nostro Santo poi passa a parlare sull’agitazione che lui considera come tentazione. Essa non è “una semplice tentazione, ma una fonte dalla quale e a causa della quale ci vengono molte tentazioni: per questo te ne parlo un po’”. Quando l’anima avverte in sé un male essa prova contrarietà “questa è la tristezza; subito desidera liberarsene e cerca il mezzo per disfarsene; fin qui ha ragione, perché ciascuno, per natura, tende al bene e fugge ciò che reputa male”. Se l’anima cerca li liberarsi dal suo male e lo fà per amore di Dio, allora cerca di fare questo con pazienza, dolcezza, umiltà e serenità aspettando così la sua liberazione cheavviene per potenza di Dio e non di se stessa. Se cerca la liberazione per amore proprio, allora subentra l’agitazione pensando che la sua liberazione dipende più da lei che da Dio. A questo punto, la tristezza che all’inizio era giustificata diventa agitazione “e l’agitazione in seguito aumenta la tristezza, il che è molto pericoloso”.

L’agitazione è

  • uno dei mali peggiori che possa colpire l’anima, eccettuato il peccato
  • viene da un desiderio smodato di liberarci dal male che ci opprime o di acquistare il bene che speriamo

Cerca di calmarti e di trovare la serenità (Lunzjata)

Per liberarsi da qualche male e di pervenirsi per qualche bene, Filotea prima di tutto si deve calmarsi e trova serenità. Si deve far calmare la il suo intelletto e la sua volontà. Si deve riflettersi se ha dominio sulla sua anima e a mantenere il suo cuore ai suoi ordini. Se il cuore si smarrisce, lei lo deve portarlo indietro alla presenza di Dio e si deve sottomettere alla sua volontà Divina. Poi per i piccoli desideri e di poca importanza, non si deve permettere i suoi desideri di provocare agitazione in le. Questo perché ai piccoli seguiranno quelli più grandi e quelli più impegnativi e troveranno il tuo cuore già aperto al turbamento e al disordine. Quando si sente di cadere nell’agitazione, Filotea si deve raccomandarsi a Dio e “nel qual caso, con un impegno dolce e sereno, devi contenere la spinta del tuo desiderio, controllandolo e moderandolo nella misura del possibile, e realizza quello che devi realizzare non seguendo il tuo desiderio, ma seguendo la ragione”. Questo lo può fare con l’aiuto del direttore spirtuale.

Per quanto concerne la tristezza, Francesco scrive che se essa è “secondo Dio opera la penitenza per la salvezza; la tristezza del mondo, invece, opera la morte. La tristezza può essere quindi buona o cattiva: dipende dagli effetti che produce in noi”. La tirsitezza produce pochi effetti buoni in noi e tanti cattivi. Quelli buoni sono soltanto due: la misericordia e la penitenza. Quelli cattivi invece sono “l’angoscia, la pigrizia, lo sdegno, la gelosia, l’invidia, l’impazienza. Il che ha fatto dire al Saggio: La tristezza ne uccide molti e non giova a nulla; infatti contro due soli rigagnoli buoni che zampillano dalla sorgente della tristezza, ce ne sono sei di cattivi!”. Il nemico della nostra anima si serve della tristezza per darci delle tentazioni. Egli cerca i far sentire bene quelli che stanno facendo il male, e di sentirsi male quelli che stanno facendo il bene.

La tristezza ne uccide molti (Lunzjata Rabat, 27 febbraio 2011)

“La cattiva tristezza turba l’anima, la mette in agitazione, le dà paure immotivate, genera disgusto per l’orazione, assopisce e opprime il cervello, priva l’anima di consiglio, di proposito, di senno, di coraggio e fiacca le forze” . Essa è come un inverno duro che uccide tutta la bellezza della terra e manda in letargo gli animali. La tristezza “toglie ogni bellezza all’anima e la rende quasi paralizzata e impotente in tutte le sue facoltà”. I rimedi? La preghiera è il primo rimedio. È efficace e solleva l’anima verso Dio che è la nostra unica gioia. Filotea è invitata a combattere con tutta la sua forza la tristezza perché quello he il nemico vuole è che tramite la tristezza uccide in noi la voglia di fare del bene, uccide le opere buone. Filotea può anche usare il canto per allontanare la tristezza, cantando inni spitituali. Il nemico della nosta anima, appena sente quesit canti, scappa via. Il compiere degli atti esteriori di fervore è un altro rimedio per scaccare la trisezza, “abbraccia il Crocifisso stringendolo al cuore, baciagli i piedi e le mani, alza gli occhi e le mani al cielo, indirizza la tua Voce a Dio con parole di amore e di fiducia simili a queste: Il mio Amore è mio e io sono sua. Il mio Amore è come un mazzetto di mirra che riposa sul mio seno”.

Infine, la disciplina moderata è anche un buon rimedio contro la tristezza “perché questa mortificazione esteriore volontaria, chiama la consolazione interiore e l’anima, provando dolori dal di fuori, si distrae da quelli che l’affliggono di dentro”. Poi, la Communione frequente è un ottimo rimedio. Filotea poi è invitata a mettersi nelle mani di Dio per affacciare tale tristezza; dopo che il Signore la mette alla prova, la libererà.

La disciplina moderata è un buon rimedio contro la tristezza (Lunzjata)

Il nostro mondo, tramite la bontà del Signore, ha il suo ritmo: la notte segue il giorno; gli stagioni arrivano proprio in tempo; un giorno solo è unico e non si ripeterà. Tutta questa varietà fa del nostro universo una cosa bella. Lo stesso si può dire dell’uomo, che è paragonato ad “un piccolo mondo”. Egli non si trova mai nella stessa condizione. La sua vita “scorre su questa terra come le acque che scrosciano e ondeggiano in un continuo turbinio di movimenti; e ora lo alzano verso la speranza, ora lo prostrano nella paura, ora lo spingono verso la destra della consolazione, ora verso la sinistra dell’afflizione, e non si dà mai un giorno solo, anzi nemmeno un’ora sola, che sia identica all’altra”.

Il consiglio del Santo è di sforzarci a “conservare una continua ed inattaccabile uguaglianza di cuore in una simile varietà di situazioni” e siccome tutto in torno a noi è in movimento, dobbiamo rimanere forti e saldi e tendere verso il nostro Dio. Come la bussola è sempre puntata verso il polo, così anche la nostra volontà, che è la nostra bussola, deve guardare e tendere verso Dio e “questo indipendentemente dal fatto che la nostra anima sia nella tristezza o nella gioia, nella dolcezza o nell’amarezza, in pace o nel turbamento, nella luce o nelle tenebre, nella tentazione o nella serenità, nel piacere o nel disgusto, nella aridità o nella tenerezza, sia infine che il sole la bruci o che la rugiada la rinfreschi!”. Niente può separarci dall’Amore di Dio. Il proposito di non abbandonare Dio e il suo amore, specialmente nei momenti di prova dura “è il contrappeso necessario perché le nostre anime si conservino nella santa uguaglianza in mezzo all’intreccio delle varie spinte che la natura di questa vita porta con sé”.

Conservate l'uguaglianza di cuore (Lunzjata, 27 febbraio 2011)

Il Santo poi passa a dare delle indicazioni specifiche:

1. “La devozione non consiste nella dolcezza, soavità, consolazione e tenerezza sensibile del cuore, che ci porta alle lacrime e ai sospiri e ci dà una certa gradevole e sensibile emozione in qualche esercizio di pietà... La devozione non consiste in queste tenerezze e in questi affetti sensibili, che a volte provengono dalla natura talmente debole e impressionabile da assorbire tutte le impressioni che le si vogliono dare. Altre volte vengono dal maligno che per impacciarci nel cammino provoca la nostra immaginazione alla tensione che ci porta a quei risultati inutili”.

2. “Queste emozioni e dolcezze affettuose, qualche volta possono anche risultare utili perché provocano nell’anima il desiderio della devozione, danno conforto allo spirito, aggiungono alla presenza della devozione una santa gioia e una serena allegria che rende le nostre azioni spigliate e piacevoli anche esteriormente...La più piccola consolazione che ci viene dalla devozione, in ogni modo, vale più di tutte le gioie del mondo...Sono piccoli assaggi delle dolcezze immortali che Dio concede alle anime che lo cercano... anche noi, nel mare di questa vita terrena, riceviamo dolcezze e soavità che ci fanno pregustare le delizie di quella Patria celeste alla quale tendiamo ed aspiriamo. ed aspiriamo”.

3. “Ma, mi dirai, dato che ci sono consolazioni sensibili buone che vengono da Dio, e ce ne sono anche di inutili, pericolose e persino dannose... come potrò distinguere le une dalle altre e riconoscere le cattive e le inutili in mezzo alle buone? È dottrina comune, cara Filotea, circa gli affetti e le passioni della nostra anima, che le possiamo riconoscere dai loro frutti. I nostri cuori sono alberi, gli affetti e le passioni i rami, le opere e le azioni i frutti...ma se le dolcezze sono tali solo per noi, ci rendono strani, aspri, puntigliosi, impazienti, cocciuti, orgogliosi, presuntuosi, duri nei confronti del prossimo e, già pensando di essere dei santarelli...”.

4. Allorché riceviamo dolcezze e consolazioni :

  • “dobbiamo umiliarci profondamente davanti a Dio; stiamo bene attenti a non dire, provando quelle dolcezze: come sono santa! Filotea, quelli sono doni che non ci rendono migliori, perché, come ho già detto, la devozione non consiste in questo...la dolcezza spirituale che ci viene data è senz’altro ottima e ottimo anche Dio che ce la dà, ma non se ne conclude che sia buono anche chi la riceve!”
  • “Riconosciamo di essere ancora bambini bisognosi di latte...”
  • “...prendiamo l’abitudine di ricevere con umiltà quelle grazie e quei favori...non tanto perché lo sono in se stessi, ma ancor più perché vengono dalla mano di Dio, che li pone nel nostro cuore...Filotea, possedere delle dolcezze è molto, ma la dolcezza più grande è sapere che è Dio con la sua mano amorevole e materna a depositarcele in bocca, nel cuore, nell’anima, nello spirito”.
  • “Dopo averle ricevute con molta umiltà, serviamocene attentamente secondo l’intenzione di Colui che ce le ha date. Perché Dio ci ha dato queste dolcezze? Per renderci amabili con tutti e pieni di amore verso di Lui. E allora baciamo questo Salvatore che ci fa dono di tante dolcezze...lo sai bene, vuol dire obbedirgli, osservare i suoi comandamenti, fare la sua volontà, seguire i suoi desideri; in breve: abbracciamolo teneramente con obbedienza e fedeltà”.
  • “Ogni tanto, poi, bisogna saper rinunciare a queste dolcezze, tenerezze e consolazioni; bisogna staccarne il cuore e protestare...perché è Dio che ce ne fa dono per attirarci al suo amore ... Non cerchiamo le consolazioni, ma il Consolatore...”
  • “Infine, se ti dovesse capitare di trovarti in molte consolazioni, tenerezze, lacrime e dolcezze, o qualche altro favore divino da esse dipendente, ti consiglio di riferirne fedelmente alla tua guida spirituale, per sapere come devi comportarti e regolarti...”

Cerchiamo il Consolatore (Lunzjata, 27 febbraio 2011)

Il tempo delle consolazioni non durerà in eterno. Anzi, qaulche volta entrano l’aridità e la sterilità dello spirito. Filotea sentirà che la sua anima sia come in un deserto, terra arida senza frutti. L’anim si sente smarrita, senza via e direzione. “Che farai in simili occasioni, Filotea? Guarda da dove viene il male: spesso siamo noi stessi causa delle nostre aridità e sterilità”:

1. “Come la madre rifiuta lo zucchero al figlio soggetto ai vermi, così Dio ci priva delle consolazioni quando noi ne ricaviamo vuote emozioni e andiamo soggetti ai vermi della presunzione.”.

2. “Quando trascuriamo di raccogliere le dolcezze e le delizie dell’amore di Dio nel tempo opportuno, il Signore le allontana da noi per punire la nostra pigrizia”.

3. “A volte ci adagiamo in un letto di soddisfazioni sensuali e di consolazioni caduche...Lo Sposo delle nostre anime bussa alla porta del nostro cuore, ci invita a ricominciare di nuovo i nostri esercizi spirituali, ma noi vogliamo mercanteggiare, perché ci dispiace lasciare quelle gioie, e separarci dalle false soddisfazioni; allora egli passa oltre e ci lascia nella nostra pigrizia. In seguito poi, quando lo cercheremo, faticheremo molto a trovarlo...Se hai la farina d’Egitto, non puoi avere la manna del cielo!”

4. “La doppiezza e la finzione nella confessione e nei colloqui spirituali con la propria guida, provoca l’aridità e la sterilità: dopo che hai mentito allo Spirito Santo, perché ti meravigli se ti priva della sua consolazione?”

5. “Ti sei ben ubriacata delle gioie mondane, perché ti meravigli allora se le delizie spirituali ti vengono a nausea? Ha colmato di beni gli affamati, dice la Madonna, e i ricchi li ha lasciati a mani vuote. i ricchi di piaceri mondani non possono ricevere quelli spirituali”.

6. “Hai conservato bene i frutti delle consolazioni ricevute. In tal caso ne riceverai delle altre...”

Per non cadere nell'aridità (Lunzjata)

Per causa di molte di queste cause noi perdiamo le consolazioni devote; cadiamo nell’aridità e sterilità di spirito. Ci dobbiamo esaminare la nostra coscienza ma questo esame non si fà con agitazione. Quando si scopre la causa per la quale abbiamo perso la consolazione e si ringrazia il Singore perché trovando e riconoscendo il male è già la metà della guarigione. Se, al contrario, non si trova nulla che può essere la causa di questa aridità con tutta semplicità, Filotea deve seguire questi passi:

1. “Umiliati profondamente davanti a Dio, riconoscendo il tuo nulla e la tua miseria: Che cosa ne è di me quando sono affidata a me stessa?”

2. “Invoca Dio e domandagli la sua gioia: Rendimi, Signore, la gioia della tua salvezza. Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice”

3. “Va dal tuo confessore, aprigli bene il cuore, svelagli tutti i nascondigli della tua anima, accetta i consigli che ti darà, con grande semplicità e umiltà”.

4. Ma, dopo tutto, niente è così utile e così fruttuoso, in tali aridità e sterilità, come il non affezionarsi e attaccarsi al desiderio di essere liberati. Non dico che non bisogna, con molta semplicità, aspirare alla liberazione; ma dico che non ci si deve affezionare, anzi bisogna rimettersi con semplicità nelle mani della Provvidenza di Dio...Se perseveriamo nell’umiltà, ci colmerà dei suoi deliziosi favori...”

5. “Infine, Filotea, tra tutte le nostre aridità e sterilità, non perdiamo il coraggio, ma aspettiamo con pazienza, il ritorno delle consolazioni. Continuiamo il nostro abituale modo di vivere; non tralasciamo per questo motivo nessun esercizio di devozione...”

Il Santo conclude questo capitolo suggerendo che l’anima quando si trova in una bella primavera di consolazioni spirituali, “si distragga talmente nel desiderio di accumularle e assaporarle, che, per l’abbondanza delle piacevoli delizie, si occupa molto meno delle opere buone. Al contrario quando si trova nell’asprezza e nell’aridità spirituale, a misura che si vede privata dei sentimenti piacevoli della devozione, moltiplica le opere concrete e interiormente genera più copiose le vere virtù, quali la pazienza, l’umiltà, l’abiezione di sé, la rassegnazione, l’abnegazione dell’amor proprio”.

Una bella primavera di consolazioni spirituali (Lunzjata)

Conclude questa parte con un esempio per confermare tutto quello che lui ha scritto fin qui. Lui racconta una storia di San Bernardo. Racconta di un monaco che sentendosi arido in spirito, cominciava a ricordare il mondo, le ricchezze, gli amici, i parenti, il potere. Lui si confidava in un amico suo compagn di viaggio. Le conclusioni che Fracesco trae da questo racconto sono:

1. “Ordinariamente a chi entra al suo servizio, Dio dà un saggio delle gioie celesti, per far uscire dai piaceri terreni e incoraggiare a cercare l’amore divino...”

2. “È sempre lo stesso buon Dio che qualche volta, secondo i suoi saggi disegni, ci toglie il latte e il miele delle consolazioni, per farci divezzare, e insegnarci a mangiare il pane secco e più solido di una devozione forte, esercitata alle prove del disgusto e delle tentazioni”.

3. “Qualche volta, mentre siamo afflitti da aridità e sterilità, scoppiano terribili burrasche; in tal caso dobbiamo combattere con costanza le tentazioni, perché quelle non vengono da Dio, ma dobbiamo sopportare pazientemente le aridità, perché quelle Dio le ha permesse per esercitarci”.

4. “Non dobbiamo mai perderci di coraggio quando siamo afflitti da guai interiori...Dice infatti il Saggio che nei giorni felici bisogna ricordarsi della sventura. Bisogna sperare nelle difficoltà e temere nella prosperità, e sia nell’un caso che nell’altro, umiliarsi”.

5. “Confidare il proprio male a qualche amico spirituale che possa aiutarci è un ottimo rimedio”.

Filotea deve ricordare che Dio vuole che noi entriamo nell’aridità perché Lui vuole condurci a una grande purezza del cuore, di rinunciare i nostri interessi personali in tutto quello che riguardo il suo servizio. Il maligno vuole esattamente l’opposto: s serve della stessa aridità per scoraggiarci, per farci ritornare al mondo e ai suoi piaceri e a renderci tediosi a noi stessi e agli altri. Lui cerca in tutti i modi a screditare la vita devota. I Santi hanno avuto la stessa esperienza e perciò Filotea deve farsi coraggio “per dirti che i più grandi servi di Dio sono soggetti a queste burrasche; e noi piccoli tra tutti, non dobbiamo meravigliarci se qualche cosetta capita anche a noi”.

Riflessioni e fotografie di Manuel Camilleri

Manuel a Sliema (foto di Joe Boenzi)


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